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La rabbia di Bondi sul caso Uffizi: "No all'immunità, ma basta fango"

Lettera aperta del ministro dei Beni culturali alle alte cariche dello Stato: "Non posso difendermi dalla gogna. Chiedo rispetto per la mia persona"

Roma Non chiede «privilegi o immunità», ma «soltanto il rispetto della persona», prima che del «ruolo politico e istituzionale». E pone una domanda chiave, Sandro Bondi, a cui non è in grado di rispondere: «Come può una persona tutelarsi da questo fango, da queste brutali insinuazioni?». Il ministro dei Beni culturali torna così a denunciare una «gogna mediatica» ai suoi danni, quella che prevede una «punizione anticipata e preventiva di coloro che hanno la disavventura di entrare nel tritacarne mediatico-giudiziario, senza neppure che si attenda il responso delle indagini e dei processi e senza addirittura sapere se esistano o meno procedimenti penali a carico della persona oggetto di tali gravi insinuazioni». Stavolta, però, lo fa attraverso una lunga «lettera aperta» a Giorgio Napolitano, Renato Schifani e Silvio Berlusconi. Ovvero, capo dello Stato, presidente del Senato e premier. Scelta «inusuale», come riconosce, ma allo stesso tempo indispensabile.
«Sotto l’urgenza di insinuazioni e di accuse che da settimane mi vengono formulate dai mezzi di comunicazione, senza che io possa in alcun modo tutelare la mia onestà e difendermi secondo i diritti che spettano ad ogni cittadino in uno Stato civile - attacca il coordinatore del Pdl - sono costretto a rivolgermi ai più alti rappresentati delle istituzioni, in qualità di senatore e di ministro».
Bondi si rivolge quindi direttamente a prima, seconda e quarta carica dello Stato. Mancherebbe la terza, cioè il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Tanto che inizia a circolare, nel Palazzo, il bisbiglio che ci sia sotto una motivazione politica. Ma il maligno, in questo caso, è fuori strada. «Nessuna dietrologia, ho semplicemente inviato la lettera a Schifani in quanto mio presidente a Palazzo Madama, visto che sono stato eletto senatore e non deputato», tiene subito a precisare l’ex azzurro al Giornale. Che poi, in un comunicato serale, aggiunge: «La tensione a cui sono sottoposto in questi giorni non mi ha permesso di considerare il dovere di inviare la lettera anche al presidente della Camera. Tengo dunque a sottolineare la mia assoluta buona fede e l’assenza di qualunque altro motivo per questa omissione. Ho già provveduto, del resto, a inviare la lettera anche al presidente Fini, che sono certo comprenderà le ragioni di ciò che è accaduto».
Chiarito il fraintendimento, Bondi, nel documento inviato ieri pomeriggio alle agenzie di stampa, riepiloga i «fatti» che lo riguardano, citando gli articoli di quotidiani che invece contesta. Si parte da domenica 9 maggio, con il Corriere della Sera, che a proposito degli Uffizi di Firenze riportava la «notizia falsa, secondo cui avrei nominato il direttore dei lavori, nomina che invece spettava al Commissario e della quale non sono stato mai informato». A seguire, scrive sempre il triumviro del Pdl, è La Stampa, il 15 maggio, a pubblicare «un ampio articolo che citava ripetutamente il mio nome, associandolo ad inchieste in corso, di cui non ho alcuna notizia, con tanto di riferimenti a supposte informative della Guardia di Finanza, di una mia “posizione critica” e di presunti “comportamenti illegali” a mio carico». Si arriva così al Fatto Quotidiano e a Libero di venerdì, dal quale «vengo ad apprendere che il mio nome figurerebbe addirittura in un’inchiesta su movimenti bancari transitati per una filiale di Unicredit in Lussemburgo».
Si prosegue, nella missiva, con il testo di un lancio Ansa, battuto due giorni fa e proveniente da Perugia, in cui invece «ambienti investigativi» escludevano riferimenti «ai ministri Altero Matteoli e Sandro Bondi» nell’inchiesta sugli appalti per i Grandi eventi e la presenza di documenti o atti nei quali si facciano i loro nomi. Senza contare che «anche l’architetto Angelo Zampolini, sentito nei giorni scorsi dai pm di Perugia, non ha fatto alcun riferimento ai due ministri. Circostanza confermata da più fonti».
Nonostante le smentite, però, rimarca Bondi, ieri è andata in scena una «nuova puntata». E «chissà quanto ancora continuerà questo incivile e violento trattamento, ad ogni genere di supposizioni, di sospetti, di insinuazioni e di vere e proprie diffamazioni, senza che io possa in alcun modo difendermi». Detto questo, «spero» che il fenomeno e il meccanismo che «abbiamo già visti all’opera e conosciuti nel passato, sottolinea il ministro, non si ripetano ancora». Perché, altrimenti, si «dimostrerebbe che il nostro Paese non è capace di rinnovarsi senza fuoriuscire dalle regole, senza passare attraverso la ricerca di capri espiatori».

Insomma, «per queste ragioni, mi sono rivolto a Voi - conclude il coordinatore del Pdl, rivolgendosi ai destinatari della lettera - nella speranza che il mio caso, che è piccola cosa ma vive drammaticamente in me, possa suscitare qualche interrogativo prima che non sia troppo tardi».

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