La rabbia di sindacati e Confindustria per le ultime modifiche al protocollo

da Roma

Rinnegare l’accordo con la sinistra radicale oppure stracciare il protocollo siglato con Cgil, Cisl Uil e Confindustria. Sono queste le possibilità rimaste al premier Romano Prodi, dopo il «no» pronunciato da sindacati e imprenditori, entrambi infuriati per le modifiche introdotte alla Camera al disegno di legge sul Welfare. Una coperta troppo corta che ieri ha lasciato al freddo la sinistra radicale. Il capogruppo al Senato di Rifondazione comunista Russo Spena ha assicurato che non farà cadere il governo, ma ha anche avvertito: «D’ora in poi anche noi ci sentiremo più liberi». Svincolati dal governo come i liberaldemocratici di Lamberto Dini, che si rifiutano di votare la legge uscita da Montecitorio. Nel mezzo resta il Partito democratico il cui segretario Walter Veltroni è tornato a chiedere un «punto di equilibrio».

Nel merito si tratterebbe di eliminare le costosissime modifiche alla riforma previdenziale e concedere a Prc e Pdci la cancellazione dello staff leasing. Sindacati permettendo. E sempre che alla sinistra basti. Perché, ha avvertito ieri Gennaro Migliore del Prc, «per noi il compromesso è quello votato dalla Camera».

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