da Roma
Lira di Bruno. Sempre attento a calibrare esternazioni pubbliche e controffensive aziendali, ieri Bruno Vespa, ha deciso di scendere in campo «fuori casa» per difendere la sua «Terza Camera» dallo spettro di un possibile ridimensionamento.
Così, con una lettera al direttore de L'Unità, Antonio Padellaro, il conduttore del talk show politico più noto dellinformazione televisiva risponde alle dichiarazioni rilasciate dal consigliere di viale Mazzini, Nino Rizzo Nervo sulla trasmissione, proprio sulle pagine del quotidiano dei Ds. «Nellintervista di domenica il consigliere Rizzo Nervo - attacca Vespa - dice di voler ridurre da quattro a tre alla settimana le puntate di Porta a porta non per una questione di censura, ma per rispettare il mio contratto che ne prevede un minimo di cento. Rizzo Nervo sostiene che ne avremmo fatte 160. Non è vero. Questanno abbiamo chiuso a 139 e lanno prossimo saremmo intorno alle 130 per una prevista partenza in ritardo».
Quello che sta a cuore a Vespa, però non è solo il problema contrattuale-burocratico. Secondo il giornalista «i contratti andrebbero adeguati al successo del programma, come avviene per lintrattenimento. Ridurre dufficio una trasmissione di successo non è censura - chiosa il giornalista - è una legittima scelta politica punitiva. Abbiamo conquistato il potere e tagliare una serata a Vespa è il primo simbolo del cambiamento in Rai». E infine: «Nel momento in cui torna (giustamente) Santoro accanto a Ballarò - osserva Vespa - ridurre Porta a porta a me parrebbe un pessimo segnale editoriale e politico a un paese profondamente diviso. Ma riconosco di essere in pieno conflitto dinteressi...».
Ma a turbare il dibattito sullinformazione pubblica nellera ulivista ci si mette anche il ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, che approfitta di In breve, la striscia di approfondimento condotta da Francesco Verderami su La Sette per dire che lui non condivide laffermazione di Prodi, contenuta nellintervista al settimanale tedesco Die Zeit, quella secondo il quale meno la gente guarda la tv e più vota a sinistra. Non solo: il ministro della Comunicazioni spiega che con la modifica della legge sul conflitto di interessi, verrà cambiata anche una delle leggi più contestate che regolano linformazione politica nelletere, quella sulla cosiddetta par condicio: «Se si modifica la malattia, che è il conflitto dinteresse, penso che si possa rendere lapplicazione della par condicio più equilibrata».
E poi, sulla famosa frase del premier al settimanale tedesco: «Non condivido laffermazione di Prodi, perché la televisione siamo noi. Cè una buona televisione e una cattiva televisione - osserva il ministro - non cè e non ci può essere un giudizio politico di una parte, complessivamente favorevole o contraria alla tv. Ci mancherebbe».
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