Rasmus, dalla Finlandia le «Rose nere» del rock

«Le rose nere sono il conflitto tra un simbolo d'amore come la rosa ed un colore oscuro come il nero: diciamo pure che possono rappresentare un amore finito male». Così Lauri Johannes Ylönen, 28 anni, carismatico «frontman» dei Rasmus, ha illustrato le motivazioni dietro il titolo, «Black Roses» appunto, del nuovo disco in studio della band finlandese, oltre cinque milioni e mezzo venduti in più di una dozzina d'anni di carriera, nonché tra le più amate dai teenager del Vecchio Continente, Italia inclusa. Un lavoro nel quale il quartetto di Helsinki (oltre a Ylönen ne fanno parte anche il chitarrista Pauli Rantasalmi, il bassista Eero Heinonen e il batterista Aki-Markus Hakala) ha privilegiato un approccio maggiormente pop-rock rispetto al passato: «Effettivamente "Black Roses" ha un indirizzo decisamente più "leggero" - ha ammesso il cantante-chitarrista della band di scena questa sera all'Alcatraz di via Valtellina 25 (ore 21, ingresso 21 euro) -. Abbiamo usato molte tastiere e suoni computerizzati, grazie anche all'ascolto di grandi del genere come Depeche Mode e Cure e alla produzione oculata di Desmond Child, già al lavoro con Poison, Kiss, Bon Jovi e Joss Stone. Ovviamente non manca la componente dark, specialmente nei testi, ma forse è meno presente che in passato». Già, il passato, e quella hit dal successo planetario di questa band venuta dal freddo. Era il 2003 e i Rasmus sfondavano, complice la cassa di risonanza mediatica di Mtv, con «In The Shadows».
«Quando una tua canzone ha un successo mondiale non puoi che esserne felice.

Allo stesso tempo abbiamo la cattiva abitudine di non saper dire di no e quindi ci siamo trovati a suonare questo brano un numero infinito di volte. Eravamo esausti, ma poi dopo una giusta pausa oggi il nostro rapporto con quella canzone è tornato buono».

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