Sono numerose le iniziative lanciate dalla Regione Lombardia a sostegno della imprenditoria locale. Che ha sofferto non poco la crisi. Lo si capisce dal numero delle pratiche presentate dalle aziende per accedere alle agevolazioni gestite da Finlombarda (la finanziaria della Regione) su leggi regionali. Un numero che nel 2009, rispetto all’anno precedente, è raddoppiato. E anche i confidi hanno visto crescere la richiesta di aiuto delle imprese: richieste che hanno riguardato nella maggior parte dei casi operazioni di riequilibrio finanziario. I consorzi di garanzia hanno in pratica snaturato il loro ruolo e oggi chiedono di aprire un tavolo di concertazione affinché siano sostenuti dal punto di vista della patrimonializzazione. Ma come è la situazione oggi in Lombardia? Come è articolato il dialogo tra gli enti locali, i confidi e le associazioni di categoria? E le banche: in che modo stanno sostenendo le imprese?
La tavola rotonda organizzata presso la sede di Confidi Lombardia, a Brescia, dall’Associazione italiana corporate & investment banking (Aicib), in collaborazione con BancaFinanza, ha cercato di dare risposta a queste domande. All’evento hanno preso parte Andrea Bianchi, responsabile area credito e finanza di Confartigianato Lombardia, Clara de Braud, segretario generale dell’Aicib, Giampaolo Chirichelli, presidente e amministratore delegato di Finlombarda, Guido Cisternino, responsabile funzione product management small business di Ubi Banca, Andrea Crovato, direttore generale di Confidi Lombardia, Maria Pinotti, direttore generale Federfidi Lombarda, Angela Maria Scullica, direttore di BancaFinanza e del Giornale delle Assicurazioni, e Cipriana Zorzoli, risk & compliance manager di Confidi Lombardia. Ecco cosa è emerso.
Domanda. Quali iniziative ha messo in campo Finlombarda per sostenere le Pmi della Lombardia?
Chirichelli. Prima di entrare nel dettaglio, voglio segnalare che la Regione Lombardia, per accrescere l’efficacia degli interventi finalizzati allo sviluppo delle politiche del credito regionale, ha disposto la cessione, a favore di Finlombarda, delle quote da essa possedute in Federfidi Lombarda. Oggi Finlombarda è presente in Federfidi con una quota del 18,65% (non si può superare il 20% in quanto si perderebbero alcuni requisiti base). Fra le misure adottate segnalo l’attivazione del progetto Confiducia, riveduto e corretto, che prevede la concessione di linee di credito dirette a sostenere la liquidità o il riequilibrio finanziario delle Pmi di tutti i settori produttivi; un sostegno a favore dei confidi di primo grado attraverso la concessione di prestiti subordinati; il ricorso al Fondo Jeremie Fesr a favore delle imprese lombarde impegnate nella realizzazione di investimenti relativi a progetti innovativi.
D. In che modo si è concretizzata l’operatività di Finlombarda in questo ultimo anno?
Chirichelli. La distribuzione delle agevolazioni gestite da Finlombarda su leggi regionali per provincia nel 2009 ha evidenziato un numero totale di pratiche pari a 7.101, quasi il doppio rispetto al 2008, per un importo erogato di quasi 244 milioni di euro, contro i 150 milioni di euro dell’anno precedente. Sono dati che fotografano la dimensione della crisi, perché se si è avuto un raddoppio di questi due parametri evidentemente c’è stato un problema, causato anche dal fatto che le banche hanno limitato l’accesso al credito da parte delle imprese, alle quali hanno chiesto maggiori garanzie. E poi i bandi: a sostegno delle aziende siamo arrivati a delle quote eccessive. E questo rappresenta sicuramente una criticità anche per la difficoltà a reperire risorse. Rimango personalmente del parere che oggi occorrono poche e chiare misure per aiutare la Pmi.
Cisternino. In effetti c’è molta frammentazione di interventi con risorse scarse. In pratica si rischia di avviare delle iniziative che hanno una durata e un impatto operativo poco significativo. Sarebbe preferibile avere pochi bandi, ma dotati di adeguate risorse finanziarie. Ricordo che, per gli istituti di credito, l’attivazione di nuovi strumenti e interventi finanziari comporta impegni formali, in termini di adesioni e contratti, e spesso procedure ad hoc. Ne deriva che difficilmente c’è un time to market immediato, per non parlare del «disorientamento» della clientela e delle reti commerciali delle banche. Il flusso dei finanziamenti non si è arrestato: a livello di sistema, la dinamica del credito è stata però fortemente influenzata dal calo della domanda collegata a nuovi investimenti da parte delle imprese.
D. Si è pensato, almeno, di distribuire le risorse disponibili in una forma più mirata?
Chirichelli. La Regione non eroga quasi più contributi a fondo perduto e dove sono presenti si cerca di eliminarli. Noi siamo per l’aiuto all’imprenditore attraverso la politica dell’accompagnamento e non dell’assistenzialismo. A questo proposito vorrei ricordare l’iniziativa denominata Made in Lombardy, con la quale la Regione ha messo a disposizione delle imprese lombarde del manifatturiero 500 milioni di euro per finanziare programmi di investimento rivolti allo sviluppo competitivo, alla ricerca e all’innovazione. Ciò si è potuto realizzare attraverso l’intervento del settore bancario. E ancora tre milioni di euro per promuovere il rafforzamento della capacità brevettuale delle imprese, e 145 milioni di euro per agevolare l’acquisto di macchinari e attrezzature da parte delle micro e Pmi.
D. Queste misure bastano per sostenere le imprese? O serve ben altro?
Bianchi. Il quadro generale resta critico. Credo sia assolutamente necessario razionalizzare gli interventi, renderli più efficaci e fare in modo di gestire al meglio le scarse risorse che si hanno a disposizione. Il rapporto tra le associazioni di categoria, uniti ai confidi, e Finlombarda, debba essere migliorato dal punto di vista della dimensione collaborativa. Spesso un certo tipo di offerta fa fatica a soddisfare la domanda. Un esempio: si è fatto riferimento a Made in Lombardy. Dal punto di vista progettuale è sicuramente un’iniziativa di grande valenza, ma resa attuativa in un momento di crisi e quindi con un impatto poco efficace, visto che le imprese in grado di avviare significativi percorsi di crescita e quindi di investimento in questa fase sono poche. Sono risorse importanti che temo non producano gli effetti auspicati. è assolutamente fondamentale pensare al futuro, al dopo crisi, ma non meno di quanto oggi sia necessario tenere in piedi tutta la filiera produttiva soddisfacendo la domanda che si trova nel mercato. Le imprese, in questo momento, chiedono altro; in particolare operazioni di riequilibrio finanziario. Perché oggi è difficile accedere al credito tout-court, con i tempi che si sono allungati, e la selezione che è rigorosa. Lo si capisce anche da un altro aspetto.
D. Da che cosa?
Bianchi. Dall’attività dei confidi. Nell’arco degli ultimi 18 mesi hanno dovuto gestire una elevata richiesta di domande di credito che qualche volta è stata più strumentale al sistema bancario che non a quello delle imprese. Domande di credito finalizzate a tenere in piedi l’azienda. Spesso l’intervento dei confidi si è concretizzato in termini di garanzia sulle linee commerciali, rivelandosi essenziali affinché l’impresa potesse continuare con la relativa banca ad avere accesso al credito. Insomma, i confidi hanno snaturato il loro ruolo. Se facciamo un’analisi dei loro portafogli la maggiore consistenza si ha per operazioni rivolte più al finanziamento della liquidità che non agli investimenti.
D. Dunque affidare risorse da destinare alla ricerca non sarebbe una via d’uscita dalla crisi?
Chirichelli. Non sono d’accordo. L’Italia si trova nelle ultime posizioni in Europa nella classifica relativa alle risorse per la ricerca. A oggi le pratiche giunte per accedere all’iniziativa Made in Lombardy sono numerose. Il problema, semmai, è che è complesso come prodotto. La ricerca è oggi l’elemento essenziale per superare la crisi. E non pensiamo che sia un discorso che possa agevolare solo le grandi aziende. Pensiamo all’indotto e al vantaggio che possono trarre le piccole imprese.
D. Parliamo dei confidi. Davvero hanno snaturato il loro ruolo?
Crovato. Sicuramente la crisi ha scosso le loro fondamenta. Lo testimoniano i dati: nel 2009, Confidi Lombardia ha aumentato del 58% i finanziamenti garantiti, del 52% le garanzie per un erogato complessivo di 250 milioni di euro. Abbiamo registrato insolvenze cinque volte superiori alla media degli ultimi 10 anni. Insolvenze che sono state devastanti, per i nostri numeri: stiamo parlando di 16 milioni di euro contro i due in media degli anni precedenti. A questo aggiungiamo che il nostro confidi, per passare a soggetto vigilato 107 del Tub, ha dovuto investire, come altri confidi che hanno o stanno effettuando questo passaggio, in organizzazione, in competenze professionali, in assetti di supporto. Un’operazione costosissima, ma necessaria per fare il salto di qualità. C’è, però, un problema piuttosto serio.
D. Quale?
Crovato. Nel senso che stiamo comunque subendo la concorrenza dei confidi 106 che non hanno limiti di sorta e non hanno impegni organizzativi che li preoccupano. E non si pongono il problema della patrimonializzazione. Condizione fondamentale, invece, per i soggetti vigilati. È proprio questo il problema: per superare questo momento di crisi, per migliorare il rapporto con le imprese, per svolgere in modo adeguato la nostra funzione ed essere considerati soggetti attendibili da parte del sistema imprenditoriale e bancario, abbiamo bisogno di essere patrimonializzati. La questione non è di facile risoluzione, visto che non c’è la possibilità di procedere ad aumenti di capitale.
D. Quello che si chiede, dunque, è un intervento a supporto dei consorzi di garanzia?
Crovato. Proviamo a immaginare, in queste condizioni, con quali risultati chiuderemo i bilanci. Inoltre, con gli accantonamenti che ci sono imposti da Bankitalia usciremo con perdite milionarie. Oggi il principale obiettivo di un confidi è sopravvivere e mantenere un livello sufficiente di stabilità. Occorre in sostanza studiare una soluzione, puntando sull’apporto degli enti locali. Se non ragioniamo sul problema, francamente non ho idea di quanto potremmo sopravvivere. Confidi Lombardia sta valutando ulteriori aggregazioni, ma credo che un tavolo di concertazione sia assolutamente necessario.
D. Federfidi Lombarda è della stessa opinione?
Pinotti. Sì, abbiamo bisogno di capitali per arrivare alle imprese e razionalizzare l’utilizzo del sistema confidi sul territorio. Il nostro confidi di secondo grado, nato dalla fusione per incorporazione tra ex Federfidi ed ex Artigiancredit Lombardia, è l’unico in Italia ad avere nella compagine societaria la presenza di una Regione, in questo caso la Lombardia appunto, attraverso la sua finanziaria Finlombarda. A oggi sono 160 mila le imprese aderenti con un giro di garanzie di oltre un miliardo e 800 milioni di euro.
D. Con quali iniziative sostenete le imprese?
Pinotti. Oltre a canalizzare le risorse del settore pubblico e di Unioncamere Lombardia, attraverso Confiducia, abbiamo firmato con il Fondo europeo per gli investimenti un contratto per la gestione della facility Cip, che consente al sistema di contro garantire oppure co-garantire un portafoglio di 510 milioni di euro da concedere fino al 31 dicembre 2011. L’intervento del Fei è gratuito: a oggi abbiamo utilizzato a favore delle Pmi oltre 180 milioni di euro. Abbiamo preso parte anche al progetto Confiducia.
D. Quanto è cambiato, se è cambiato, il modello di relazione fra il sistema dei confidi e quello bancario, in questo scenario di crisi?
Cisternino. Nel caso del gruppo Ubi Banca non ci sono stati sostanziali cambiamenti. Per le nostre banche, i confidi e le associazioni di categoria sono sempre stati al centro della strategia di sostegno delle Pmi, e quindi li abbiamo coinvolti anche in relazione agli interventi anticrisi che sono stati adottati a livello di sistema. Per esempio, per offrire finanziamenti alle Pmi a condizioni vantaggiose, stiamo impiegando la provvista agevolata della Cassa depositi e prestiti derivante dall’accordo che abbiamo sottoscritto con Cdp a valere sulla convenzione Abi-Cdp proprio per le linee di credito con i principali confidi partner. Nell’ambito della moratoria dei debiti, abbiamo definito e condiviso da subito con i principali confidi dei territori di riferimento, un processo istruttorio e deliberativo semplificato, finalizzato a garantire tempi di risposta più brevi di quelli previsti dall’avviso comune. Abbiamo poi strutturato interventi mirati per il rafforzamento patrimoniale delle imprese e per il sostegno di progetti di sviluppo.
D. Le erogazioni di credito, quindi, non si sono arrestate?
Cisternino. Nel 2009 le nuove erogazioni di finanziamenti a medio-lungo termine a valere su accordi con confidi (che rappresentano circa il 32% dei finanziamenti erogati dal gruppo alle imprese small business, ovvero con fatturato fino a cinque milioni di euro) hanno registrato un incremento rispetto al 2008 del 24% in termini di importo e del 16% in termini di numero di operazioni, a conferma appunto della centralità che le organizzazioni imprenditoriali espressione del territorio come i confidi rivestono per le banche del gruppo Ubi nella strategia di supporto alle Pmi, in virtù del loro importante ruolo di congiunzione con il sistema imprenditoriale locale e di conoscenza del territorio e delle realtà aziendali. Ritengo che, anche in questa «straordinarietà» del contesto congiunturale, le imprese meritevoli, con progetti imprenditoriali validi, sostenibili e focalizzati sul lungo periodo, non incontrano difficoltà a ricevere credito dalle banche del nostro gruppo. Sostenere le imprese «sane» del territorio che si trovano in situazioni di temporanea difficoltà a causa di una crisi di liquidità che origina da un evento di portata straordinaria ed eccezionale, per «traghettarle» oltre lo scoglio della recessione, è la nostra mission; il nostro gruppo ha liquidità e volontà a erogare prestiti. Fondamentale è però il dialogo, il confronto sui progetti imprenditoriali, e la banca può consigliare e indicare quali sono i comportamenti «virtuosi» che permettono all’impresa di migliorare il proprio profilo di rischio. Come gruppo bancario siamo fortemente consapevoli che occorre saper ascoltare e affinare sempre di più la capacità di cogliere e soddisfare i reali bisogni delle imprese nostre clienti. A tale proposito il nostro modello di servizio prevede una forte interazione con le imprese attraverso l’assegnazione di gestori dedicati.
D. Ma oggi, una impresa che non ha i requisiti per ottenere credito direttamente dalla banca, può rivolgersi a un confidi e, con la sola garanzia di questo, accedere ai finanziamenti dell’istituto bancario?
Cisternino. Nel nostro caso, la sola garanzia del confidi non è una condizione sufficiente per dare il via libera alla finanziabilità di una pratica. La garanzia di un confidi può «aiutare», ma alla base di tutto c’è la valutazione della capacità dell’impresa di sapere sviluppare idee e soluzioni per poter stare e competere sul mercato, anche in ottica prospettica. Ritorniamo quindi alla necessità che banche e imprese dialoghino sempre di più. Dal nostro osservatorio riscontriamo che in questo difficile contesto le imprese si sono aperte maggiormente rispetto al passato nel condividere i loro progetti imprenditoriali.
Bianchi. C’è un apparente paradosso storico nel rapporto banche-confidi, che va al di là del contesto di crisi. Normalmente, quando c’è la garanzia del confidi, la qualità del credito delle banche è migliore. Forse perché i confidi e le associazioni di categoria hanno una capacità di lettura della rischiosità vera dell’impresa, diversa e migliore da quella che riesce a fare la banca con i suoi modelli. Spesso sono i confidi a spiegare l’impresa alla banca, ed è proprio questa caratteristica consulenziale che li rende una rete distributiva di grande efficienza ed efficacia.
Zorzoli. Sicuramente non basta la garanzia del confidi: l’azienda deve dimostrare comunque di poter rimborsare il debito e mantenere redditività. Tuttavia la garanzia incide sulla rischiosità dell’impresa e l’intervento del confidi facilita il rapporto banca-impresa. Confidi Lombardia sta studiando un sistema di valutazione e di rating che tenga anche conto del particolare momento di crisi. Un sistema che fornisca alle banche elementi addizionali qualitativi di valutazione dell’impresa stessa.
Crovato. Il salto di qualità un confidi può farlo solo se mette in piedi una struttura in grado di offrire una serie di servizi e di accompagnamento all’impresa che permette poi di avere una conoscenza approfondita dell’azienda. Il valore aggiunto del confidi è proprio questo.
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