Milano - «Voglio pagare il debito che ho con l’erario fino all’ultimo euro». Meno di due ore di interrogatorio davanti al gip di Roma Maurizio Caivano per ammettere le proprie responsabilità e scagionare i collaboratori. Danilo Coppola - arrestato giovedì scorso assieme ad altre sette persone con le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta, riciclaggio, falso e appropriazione indebita - parla.
«Pagherò fino all’ultimo euro - ripete l’immobiliarista -, venderò le azioni che non mi sono state sequestrate e metterò a disposizione della Procura quei fondi». Coppola, dunque, ammette la titolarità delle società sotto inchiesta, inclusa la «Micop», dal cui fallimento è nata l’indagine. E se è lui il «dominus», come sostiene la Procura, di quel gruppo che avrebbe commesso «una serie indeterminata di delitti di bancarotta», le altre persone coivolte sarebbero solo «teste di legno», «meri esecutori» delle sue volontà. Perché la necessità di reperire finanziamenti - spiega Coppola - e il sistema delle società e delle cessioni interne al gruppo, erano conseguenza del suo impegno con altri immobiliaristi romani nella scalata a Bnl. Per un progetto «ostile» alle banche, è il ragionamento, avrebbe dovuto servirsi di società che non fossero direttamente riconducibili alla sua persona. Solo prestanome, quindi, che facilitassero l’apertura di linee di credito.
Sfumano così le responsabilità di altri indagati, tra i quali Alfonso Ciccaglione («Ha lavorato con me solo dal 2005») e Francesco Bellocchi («Non era a conoscenza di tutta la contabilità»). «Si è assunto tutte le responsabilità - hanno detto i legali di Coppola -, ha ammesso che è stato spregiudicato nella gestione dei debiti con il Fisco, ma ha anche ripetuto che pensava di riuscire a saldare le proprie pendenze in tempo utile. Proverà a farlo nei prossimi giorni». E una soluzione potrebbe arrivare dalla vendita di buona parte del pacchetto azionario dell’immobiliarista, che potrebbe versare il denaro ricavato dalle operazioni contestate sul conto corrente gestito dalla Procura. Un interrogatorio che è quasi uno sfogo, una detenzione che sta piegando l’immobiliarista.
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