In rete il bazar degli accessori del fedele islamico

Diciamocelo, potevano pensarci prima. Quelli della Proton sono ancora lì a progettare l’auto islamica assieme ai turchi e agli iraniani mentre gli anglo islamici della www.islamicgoodsdirect.co.uk già da anni vendono on line ogni ben di Dio. Anzi di Allah. Volete un benedetto deodorante da retrovisore con le iscrizioni del Corano e fragranze di Damasco? Sono 0,99 sterline a tirar via. Insomma un euro e mezzo e anche il peggior odor di montone se ne va.
Cercate un Corano da appendere al cruscotto e sempre a portata di mano? Quattro sterline e 99, sette euro e mezzo e non ci pensate più.
Quanto alle preghiere e alla ricerca della Mecca nulla di nuovo. L’Azan clock, l’orologio capace di sostituire la chiamata alla preghiera del muezzin e offrirvela all’ora giusta in qualsiasi parte del mondo esiste già. Con soli 49,95 dollari, 34 euro e rotti, potete appendervi al muro di casa uno stupendo esemplare a forma di moschea e garantirvi il richiamo del muezzin all’ora esatta in oltre mille città di entrambi gli emisferi.
Sempre su www.Islamicity.com, con una trentina di euro in più potete metter le mani su un utilissimo «ayat», una sorta di IPod che vi consente di continuare a memorizzare le strofe del Corano mentre dormite o andate al lavoro. Grazie all’ingegnoso aggeggio non farete più la figura del fedele da quattro soldi e, a ogni ora della preghiera che Allah comanda, esibirete un versetto sconosciuto agli amici.
Per il giovedì sera e le altre serate nostalgiche con gli amici della moschea niente di meglio di Islam, l’impero della fede, un documentario da meno di venti euro capace, in comode tre ore, di farvi ripercorrere l’epopea dell’espansione islamica nel mondo e ricordare i contributi dei musulmani alla civiltà. Se quella sera siete rimasti soli potete ordinarvi un buon libro con i 40 hadits del Profeta e garantirvi grazie al commento di Kamel Mustafa Hallak la piena comprensione di quei detti di Maometto fondamentali per il retto comportamento e la vita del buon fedele. In questo caso tutto vi arriverà non dall’Arabia Saudita o dall’Egitto, ma dall’infedele America.
Del resto anche con la famosa Coca Cola islamica è andata così. Se la bevono i musulmani, ma incassa un furbone con la residenza a Parigi. Si chiama Mecca Cola e a metterla sul mercato a partire dal 2001 è stato l’imprenditore d’origini tunisine, ma nazionalità e passaporto francese, Tawfik Mathlouthi.
La vera fortuna arrivò con la guerra d’Irak nel 2003.

La guerra a Saddam Hussein, l’invasione americana, e l’alleanza sempre più stretta della nazione produttrice di Coca Cola con Israele garantì, in un paio di mesi, la vendita di due milioni di bottiglie ed esportazioni crescenti in tutto il mondo. Tawfik, tanto per non sembrare avido, promise il 10 per cento dei profitti ai bambini palestinesi. A lui sicuramente sì. Ai bimbi di Gaza non è ancora dato sapere.

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