Il retroscena Azzeramenti e caso Pollari, un rete in crisi

Non è solo questione di sigle. A occuparsi dei servizi di intelligence italiani, oggi, sono due agenzie dai nomi quasi gemelli, Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna). Entrambe coordinate e controllate a loro volta da un organismo, il Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza), che funge tra l’altro da interfaccia tra l’intelligence e la presidenza del Consiglio. Organismo guidato, negli ultimi due anni, dall’ex capo della polizia Gianni De Gennaro.
La struttura odierna degli 007 italiani ricalca, almeno apparentemente, quello che era il vecchio organigramma, rimasto in piedi dal 1977 alla riforma del 2007. L’assetto precedente vedeva il Cesis (Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza) fungere da ente di raccordo tra il Sisde (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica, attivo all’interno dei confini nazionali) e il Sismi (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare, che operava anche fuori dall’Italia per le minacce provenienti dall’estero). Ma la «rivoluzione» delle barbe finte italiane non si limita a una mera questione onomastica, a un solo cambio degli acronimi. Si tratta di modifiche molto più profonde, a cominciare proprio dalla differenza tra il Cesis, i cui compiti erano poco più che formali, e il Dis, che ha un concreto potere di vigilanza.
In realtà, dunque, gli 007 nostrani sono passati per un quasi azzeramento, un cambiamento molto più radicale di quello disegnato sulla carta dall’ultima riforma normativa. I due passaggi-chiave sono incentrati su due episodi che hanno visto coinvolto il Sismi. Da un lato la vicenda dell’«archivio» di via Nazionale con relativi e presunti dossier che per i pm erano illeciti, dall’altro la questione del rapimento, a Milano, dell’imam egiziano Abu Omar. Nonostante il direttore del Sismi Niccolò Pollari sia uscito assolto in primo grado dal processo per la extraordinary rendition all’italiana, l’ex direttore è stato «fatto fuori» dall’intelligence. E con lui molti degli uomini che hanno lavorato negli anni caldissimi della guerra al terrorismo, dall’11 settembre del 2001 in poi, ottenendo numerosi successi in occasione dei sequestri di connazionali in Irak e Afghanistan.
Un turn over che ha mischiato le carte anche nell’ex Sisde, coinvolgendo centinaia di agenti segreti dei due servizi, mentre questi cambiavano denominazione. Solo nel primo anno successivo al via libera alla riforma dei servizi erano state movimentate 256 «barbe finte», 136 in forza all’Aise e 120 all’Aisi. Chi trasferito, chi rispedito all’amministrazione di provenienza, chi mandato in pensione.
La chiave, come in ogni spoil system, è il «rapporto fiduciario» con i vertici. Concetto comprensibile, ma con prudenza, per il rischio di «perdere» sia i professionisti che il know-how da questi acquisito sul campo. Ma anche per lo spoil system sembra giunta l’ora del tramonto. Con una scelta non troppo felice, è recentemente passata una norma che prevede «l’inamovibilità» degli 007 una volta assegnati a un incarico. A differenza del passato, quindi, in caso di mancanza del rapporto fiduciario le barbe finte non possono essere rispedite come da «tradizione» alle amministrazioni d’origine, ma restano in organico, «a disposizione». E incassando le ricche retribuzioni previste. Ma per l’Aise, in particolare, il vero problema secondo molti osservatori «interni», non è il ricambio nelle poltrone che contano, ma lo smantellamento graduale delle «reti» costruite nelle aree di crisi dagli uomini di Forte Braschi.

Un altro effetto collaterale della vicenda Abu Omar: a mettere in piedi le strutture d’intelligence nei Paesi più caldi era stato Marco Mancini, coinvolto nella storia ma, come Pollari, assolto in primo grado. La cattiva pubblicità gli ha comunque tolto i poteri e le deleghe. E il network dei centri ex Sismi mostra il fianco.

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