Roma«Abbiamo fatto bene ad essere prudenti perché questa vicenda non si chiuderà in pochi giorni...». Dopo i fastidi delle ultime ore, Silvio Berlusconi non può che accogliere con un pizzico di ottimismo le notizie che arrivano da Bruxelles dove Franco Frattini partecipa al vertice dei ministri degli Esteri dellUe. Il violento scontro tra il segretario generale della Nato Rasmussen e la delegazione francese - che in un primo momento ha anche abbandonato il tavolo - è infatti il segno che non è certo il Cavaliere lunico ad avere perplessità sullaccelerazione interventista imposta da Nicolas Sarkozy. In privato, infatti, il premier non nasconde il suo disappunto per quella che definisce «una guerra per lEliseo». Nel senso che il presidente francese avrebbe deciso di tirare la volata contro Gheddafi soprattutto in chiave interna, nel tentativo di tirare su sondaggi niente affatto incoraggianti visto che la campagna per le presidenziali del 2012 in Francia è nel vivo già da tempo.
Non solo alla Farnesina ma anche al diplomatico di Palazzo Chigi, infatti, il riconoscimento del Comitato nazionale di Bengasi da parte di Parigi viene letto come un tentativo di raccogliere voti nella comunità francese di origine nordafricana e di aumentare il consenso della destra francese grazie a un ritrovato lustro in politica estera. Il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto lo dice a chiare lettere: molti Paesi che sono intervenuti militarmente «si stanno muovendo anche guardando alla politica interna e alle elezioni».
Con il passare delle ore, però, limpressione è che in molti stiano prendendo le distanze dalle interventismo della Francia. Non ultimo il presidente russo Dimitri Medvedev che ha sì polemizzato pubblicamente con il premier Vladimir Putin che aveva definito lattacco a Tripoli «una crociata» ma ha pure proposto la Russia - che non partecipa allintervento - nel ruolo di «mediatore» per «ricomporre il conflitto». Eppoi, aggiunge Medvedev, la coalizione internazionale in azione sui cieli della Libia «è senza coordinamento e senza piani comuni». Un affondo non indifferente nel giorno in cui da più parti viene chiesto che il comando delle operazioni passi sotto la Nato e che sarebbe anche il frutto di contatti tra Roma e Mosca. Sul punto, infatti, il Cavaliere è netto: se non fosse raggiunto un accordo per il passaggio del comando alla Nato, lItalia non esclude distituire un proprio comando nazionale separato. E non solo. Perché Berlusconi è intenzionato a portare sul tavolo del prossimo Consiglio Ue in programma giovedì e venerdì a Bruxelles anche la questione dellemergenza umanitaria. Chiedendo «garanzie» sul fatto che siano tutti gli aderenti alla cosiddetta Coalizione dei volenterosi a farsi carico di eventuali emigrazioni di massa. Così non fosse, anche in questo caso lItalia sarebbe pronta a ridiscutere luso delle sette basi messe a disposizione per la missione in Libia.
Insomma - se pure in termini numerici la nostra partecipazione alle operazioni militari si va allargando (da otto diventano dieci) - ieri è stata una giornata in cui la diplomazia italiana ha decisamente cercato di frenare quelle che vengono considerate le «esuberanze» di Parigi e Londra. Il Cavaliere, infatti, in privato continua a non rassegnarsi alla possibilità che si possa trovare una soluzione diversa da quella militare ed è per questo che ha molto apprezzato le parole di Medvedev. Nella convinzione che il bilancio politico-diplomatico della crisi in Libia si potrà fare solo quando si arriverà a tirare le somme. «Sarkozy ha fretta di chiudere la partita libica premuto dalle scadenze elettorali», spiega Osvaldo Napoli.
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