Il retroscena È già guerra sulla successione Scontro D’Alema-Bettini

RomaDimissioni tra 15 giorni per arrivare alla scadenza naturale della legislatura. Nel Pd del Lazio ieri si ragionava più di calendari che di politica. L’unica cosa che in questi giorni unisce il partito del centrosinistra è la volontà di rinviare il più possibile il momento del voto per allontanare le urne dal caso Marrazzo. E i conti, più o meno, tornano. Il presidente uscente, travolto dallo scandalo dei trans, potrebbe dimettersi. Non subito però. Se la decisione dovesse arrivare tra 15 giorni, subentrerebbe un commissario per altri tre mesi. E poi ci sarebbero altri 45 giorni per i comizi elettorali e quindi anche nel Lazio la data delle elezioni rimarrebbe quella in programma nelle altre regioni. Verrebbe scongiurata l’ipotesi di un voto anticipato in gennaio.
Del tempo serve a tutte le correnti del Pd. Perché nella regione della Capitale il Pd naviga in cattive acque. Sabato ai circoli è stata registrata un’affluenza in calo rispetto alle precedenti primarie. Per dare un’idea del clima ieri, a 24 ore dalla chiusura dei seggi, ancora non c’era il dato definitivo dello scrutinio. I circoli del partito si sono rifiutati di comunicare le cifre alla federazione romana, che pretendeva di avere, insieme ai verbali, anche i soldi delle sottoscrizioni.
Schermaglie a parte, la vera partita che sta facendo litigare il Pd sono quelle per il segretario regionale e per il candidato alla presidenza della Regione. Per la verità questa ultima pedina è la meno ambita ed è ormai quasi certo - salvo sorprese alle primarie regionali - che il candidato sarà l’ex presidente della provincia Enrico Gasbarra. Era un rutelliano, poi veltroniano e da poco è passato con Massimo D’Alema. A lui dovrebbe toccare la partita più difficile, quella della sfida con il centrodestra che, quasi certamente, schiererà un candidato forte come il segretario dell’Ugl Renata Polverini. Una sfida quasi impossibile visto che i sondaggi davano vincente la sindacalista anche prima dello scandalo che ha investito il Pd. Le altre candidature sembrano tutte tramontate. Si era parlato addirittura di Walter Veltroni: un bis della ricandidatura di Francesco Rutelli a Roma che ha fatto storcere il naso a tutti. Non è andata bene l’altra candidatura di area: quella del giornalista David Sassoli, volto del Tg1 ed europarlamentare. La sua candidatura è tramontata definitivamente ieri mentre arrivavano i primi dati sul voto. La sua lista, che appoggiava Dario Franceschini e il candidato locale Roberto Morassut, ha raccolto pochi consensi e ieri sembrava a rischio anche la sua elezione all’assemblea nazionale.
Tutta da giocare, invece, la partita per la segreteria regionale del Pd. In testa c’è il candidato di Pier Luigi Bersani, Alessandro Mazzoli, fortemente voluto dall’ex tesoriere Ds, Ugo Sposetti. Ma, a differenza del suo referente nazionale, Mazzoli non ha raggiunto il 50 per cento dei suffragi (si è fermato al 47%) e quindi la decisione finale spetterà all’assemblea regionale. E le sorprese non sono escluse. Il fatto è che Morasssut ha raccolto il 37,2% dei voti. E Ileana Argentin, la candidata di Ignazio Marino ha raccolto molti consensi, intorno al 18 per cento. E non è escluso che faccia convergere i membri dell’assemblea regionale eletti nella sua lista sul candidato franceschiniano-veltroniano. Un’eccezione rispetto agli equilibri nazionali che vedono Marino più vicino a D’Alema che all’ex segretario.

E questa deroga ha un nome e cognome nel Lazio: Goffredo Bettini. Ex consigliere di Veltroni, passato armi e bagagli con il candidato outsider del Pd, che con i dalemiani romani ce l’ha a morte. Soprattutto con Sposetti.

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