RomaSereno? Di più: «Sono radioso», dice un Silvio Berlusconi sorridente mentre aspetta alla Scala il capo dello Stato. Poi, quando Giorgio Napolitano arriva, scatta in piedi e si unisce convinto allapplauso generale. Teso invece appare il presidente della Repubblica, irritato, secondo i boatos del Parlamento, dal superattivismo mediatico annunciato da Gianfranco Fini. Già si era seccato per la fuga in avanti laltro giorno di Renato Schifani, che ipotizzando elezioni anticipate aveva invaso le competenze del Colle. Ora ci mancava pure che dalla «terzietà» deragliasse Fini: i presidenti delle Camere, questo è il pensiero del Quirinale, dovrebbero mantenere un profilo neutrale e «favorire un nuovo clima», non certo buttarsi nella mischia, partecipando - proprio nella data significativa del 25 aprile - a In 1/2 Ora e poi a Ballarò, alimentando il «caos» istituzionale.
Il caos, appunto. Esattamente il contrario di quanto da anni predica Napolitano, che anche nel discorso di celebrazione della Resistenza invita «a fare uno sforzo collettivo» per troncare gli scontri «esasperati». Di Fini ovviamente non parla: se avrà da dirgli qualcosa, lo farà faccia a faccia. Anche il suo entourage tace, consigliando a concentrarsi sul 25 aprile. Ma dalla Scala il capo dello Stato chiede più volte di abbassare i toni, perché di fronte alla crisi economica «senza unità lItalia rischia lemarginazione». E non si tratta, spiega, di voler «mortificare una naturale dialettica, in particolare, tra la maggioranza e lopposizione», ma di «uscire da una spirale d contrapposizioni indiscriminate». Insomma: occupiamoci di argomenti che sono cari alla gente e che richiedono «una limpida e mirata convergenza» e non questo gioco al massacro.
La svolta «politica» che Fini sta dando al suo ruolo di presidente della Camera rischia, insomma, di creare turbolenze sulla linea Quirinale-Montecitorio. Lex leader di An - spiegano ancora i boatos - non è più il mediatore, luomo delle istituzioni che giocava di sponda con il Colle per risolvere i conflitti di potere e competenze. Qualcosa nello scenario politico, dopo il consiglio nazionale del Pdl e la lite con Berlusconi, è cambiato. Napolitano guarda dallalto la scena e quello che vede non può non preoccuparlo. Qualcosa si è interrotto. Berlusconi, daltra parte, conta sul Quirinale per portare avanti il progetto delle riforme. È lui larbitro super-partes che deve garantire le regole del gioco per questi tre anni senza voto. Napolitano diventa così un «alleato» naturale del premier. E se alla Camera cè il rischio guerriglia, il Colle diventa un fattore di stabilità. Questo sabato milanese mostra anche fisicamente, nei gesti, nelle parole, nei sorrisi il clima di buone relazioni diplomatiche.
Seduto in prima fila, Berlusconi annuisce e approva il discorso di Napolitano. Dopo il recente gelo, adesso i rapporti appaiono più distesi. Al punto che il presidente cita una frase pronunciata un anno fa dal Cavaliere a Onna devastata dal terremoto. «Il nostro Paese ha un debito inestinguibile verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita per riscattare lonore della patria». Si trattava, commenta Napolitano, «di un discorso impegnativo ed è in questo senso di significato nazionale, di ponte verso centocinquantenario della nazione, che va celebrata la Liberazione».
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