Dal riassetto di Intesa riemerge Bazoli, l’inossidabile al potere

Se c'è un protagonista delle scene finanziarie nazionali in grado di rilanciarsi, anzi proprio di reinventarsi in ogni situazione di crisi, questi è Giovanni Bazoli. Negli anni Ottanta quando Enrico Cuccia aveva deciso di assumere il controllo del Banco Ambrosiano (divenuto Nuovo Banco Ambrosiano), l'avvocato bresciano costruì una solida alleanza con Gianni Agnelli, pur alleato storico di Mediobanca, fece scendere in campo Crédit Agricole e affermò la sua autonomia. Nel periodo in cui Roberto Mazzotta lavorava per una grande banca cattolica componendo la Cariplo con l'Imi, Bazoli riuscì a scompaginarne i giochi - nel mezzo delle non sempre trasparenti vicende di Mani pulite - e la Cariplo divenne un pilastro della nuova Intesa invece che un antagonista. Alla fine degli anni Novanta quando Paolo Fresco mise sotto assedio Cuccia alla ricerca di risorse per la declinante Fiat, l'avvocato bresciano veleggiò tra Torino e Milano, portandosi prima a casa la Commerciale d'accordo con Cuccia, poi siglando un'alleanza con lo schieramento pro-Fiat guidato da Antonio Fazio.
Nei primi anni del 2000 il presidente di Intesa resistette sia ai piani di razionalizzazione delle fondazioni proposti da Giulio Tremonti sia allo spostamento a destra della Regione Lombardia, tamponato dalle inesauribili capacità di manovra di Giuseppe Guzzetti, divenuto presidente di Fondazione Cariplo. Dopo una stagione da dominus negli anni del governo Prodi 2006-2008, che aiutò la fusione tra Intesa e San Paolo di Torino, Bazoli fu messo sotto assedio per le vicende di Romain Zaleski, amico e socio nella finanziaria Mittel. Un attacco che proveniva anche dalla testata «amica» La Repubblica e interveniva su rapporti in quel periodo non perfettamente sereni con l'amministratore delegato Corrado Passera. Anche questo arduo scoglio è stato superato: molto grazie al ruolo di Guzzetti, divenuto attivo partner, tramite l’ingresso delle Fondazioni nella Cassa depositi e prestiti, di una politica di saggi investimenti del governo di centrodestra.
E quando all'orizzonte si è profilato uno scontro con un establishment torinese legato alle sorti della nuova Fiat multinazionale, alle diversificazioni della famiglia Agnelli e alla ragionevole prudenza del sindaco Sergio Chiamparino, Bazoli è riuscito a portare la guerra in casa di chi voleva ridimensionare il suo sistema di influenza, utilizzando sia l'ala ultralaicista fedele al vecchio presidente del consiglio di gestione di Intesa, Enrico Salza, sia l'ala del cattolicesimo di sinistra tradizionalmente prodeggiante di Bruno Manghi e suor Giuliana Galli. Oggi un vecchio navigatore di tante sponde come Marco Vitale ha costruito una solidarietà bresciana (dalle vicende dell'autostrada Serravalle in poi) con Bazoli e in questo contesto ha ispirato sul Corriere della Sera un manifesto che vuole mettere una qualche ipoteca sul Comune di Milano e cercare di dividere leghisti da ciellini nel centrodestra (operazione sostenuta anche dal Sole 24 ore).
Negli orizzonti di un navigatore come Bazoli, che guarda sempre lontano, ci sono gli assetti della Fondazione Cariplo che si decideranno nel 2013. E con questo centrosinistra così mal messo è bene mettersi al lavoro per tempo.

In questa ultima fase il ruolo svolto dal banchiere bresciano è stato sostanzialmente volto a un'opportuna e utilissima opera di stabilizzazione. Certo però che non tenere d'occhio costantemente una personalità così abile e capace nella manovra, è un rischio che chi si occupa di finanza - ma anche di politica - non dovrebbe mai correre.

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