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"Quel ricatto on line mi ha fatto sentire come una donna stuprata"

È l'ultima forma di ricatto, quella più moderna, subdola, inafferrabile. L'estorsione online

"Quel ricatto on line mi ha fatto sentire come una donna stuprata"

Gallarate (Varese). È l'ultima forma di ricatto, quella più moderna, subdola, inafferrabile. L'estorsione online. Non ti rubano l'auto, non ti incendiano la serranda del negozio, ma ti sequestrano il computer. Anche se il pc resta lì al suo posto è nelle mani di un hacker, di Anonymous, della sua maschera con ghigno e pizzetto che aspetta di incassare il riscatto. L'estorsione elettronica raggiunge aziende, banche, alberghi, blocca reti informatiche e chiavi magnetiche delle stanze, ruba nomi e rubriche finché non cedi e paghi. «È una sensazione di violenza estrema, come uno stupro. Che minaccia di travolgere la vita privata, il lavoro, i parenti», dice la signora M.S. di Gallarate, vittima di un ricatto online.

I rapitori di computer si sono intrufolati nel suo penetrando attraverso la rete wi-fi e installando un virus. È bastato cliccare su una delle tante finestre pubblicitarie che si aprono sullo schermo e il malware si è incistato nei chip come una zecca. La signora, assieme al marito e al figlio, si è rivolta alla Polizia postale e ha reso pubblica la storia. Hanno preso questa decisione perché altri non ne restino vittime a loro volta. Ma anche perché, dice M.S., «credo sia l'unico sistema per uscirne, anche psicologicamente: non si può vivere sotto ricatto».

L'hacker non ti prende di mira perché hai un negozio, un'azienda, un certo reddito da taglieggiare. È uno che spara nel mucchio. Il proiettile vagante ha raggiunto la famiglia di M.S. all'inizio di aprile. Documenti, foto, mail, profili social, chat non erano più cosa loro. Racconta il marito: «Ho ricevuto delle email sugli indirizzi di lavoro e privati, ma inizialmente le ho scambiate per spam. Un giorno mi è arrivato un messaggio Whatsapp. Conoscevano anche il mio numero di telefono. Dicevano che la situazione era grave e che avrebbero contattato mia moglie e mio figlio se non avessi pagato. Mi hanno chiesto di fare una offerta e ho proposto 1.000 euro, ma non bastava. Volevano 2 bitcoin». È la moneta informatica che circola nel dark web, quella che regola gli scambi nella parte più impenetrabile di internet e garantisce anonimato totale. Ad aprile 2 bitcoin valevano 2.500 euro.

L'uomo ha pagato. Il ricatto doveva finire e il computer essere sbloccato. Ma un mese dopo l'avvoltoio elettronico si è rifatto vivo, voleva un altro bitcoin. Ha scritto una mail anche alla moglie, sollecitando il pagamento e minacciando di diffondere dati personali. Questa volta la coppia ha fatto quello che doveva fare già prima, cioè rivolgersi alla Polizia postale, rompere l'omertà dettata dalla vergogna e dal non sapere a che cosa si va incontro. Hanno dovuto chiamare parenti e amici, spiegare, collaborare con le indagini.

L'hacker criminale non è stato ancora scoperto ma non si è più fatto sentire.

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