Condoleezza un po lha convinto, un po se lè comprato. Certo quei dieci milioni di dollari pronti sullunghia per rimettere in sesto i servizi di sicurezza palestinesi e altri settanta da versare in un prossimo futuro hanno avuto il loro peso. Ma a persuadere lesitante presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) hanno contribuito anche le indiscrezioni sulla cena della sera prima con Ehud Olmert. Il segretario di Stato Usa sera seduto a quel tavolo con obbiettivi ben chiari. Il risultato minimo era indurre il premier israeliano a trasformare lasettica dichiarazione di principi sullo Stato palestinese in qualcosa di più appagante per Abbas e la sua opinione pubblica. Qualcosa in grado di ricordare quel negoziato su questioni fondamentali come i confini, la divisione di Gerusalemme e il ritorno dei profughi preteso dai palestinesi. Un po facendo valere i generosi aiuti finanziari di Washington a entrambe le parti, un po giocando con i termini della questione, Condoleezza Rice ha, alla fine, raggiunto lobbiettivo. Mercoledì sera - subito dopo la cena con il premier israeliano - ha fatto capire, senza renderlo troppo esplicito allopinione pubblica israeliana, che Olmert era pronto a inserire nella dichiarazione di principi da concordare con Abbas anche alcune questioni riguardanti i confini. E ieri mattina non ha mancato di ripeterlo a un presidente palestinese già ammansito dalla promessa di ottanta milioni di dollari, destinati a riformare le milizie dellincerto potentato di Ramallah. A quel punto Abbas è sembrato ben felice di sottoscrivere il successo della Rice. «Possiamo anche arrivare a una dichiarazione di principi - ha dichiarato nella conferenza stampa congiunta - la cosa importante è raggiungere dei risultati e conoscere il tetto a cui puntare... le fasi per la messa in pratica possono venir concordate». Olmert e Abbas cercheranno a questo punto di raggiungere gli obbiettivi fissati dalla vecchia «road map», negozieranno un primo progressivo ritiro israeliano da alcune città della Cisgiordania e cominceranno a definire frontiere e identità del futuro Stato palestinese.
Dal punto di vista del segretario di Stato americano, il risultato più importante è però la messa in moto del complesso meccanismo destinato a far decollare la conferenza di pace sul Medio Oriente annunciata da George W. Bush per il prossimo autunno. Per trasformarla in un successo capace di cambiare gli orizzonti mediorientali e forgiare unalleanza anti-iraniana, Washington deve riunire intorno allo stesso tavolo Israele e il maggior numero possibile di Paesi arabi con i sauditi in testa. Lunica speranza di attrarre Riad, come ha fatto capire il ministro degli Esteri saudita Saudi El Faisal dopo gli incontri con la Rice, è però lavvio di una seria iniziativa di pace tra lo Stato ebraico e i palestinesi di Abbas. Anche perché la fase finale di quelliniziativa potrebbe venir avviata seguendo la falsariga del cosiddetto piano di pace saudita già approvato dalla Lega Araba. La conferenza sul Medio Oriente diventerebbe a quel punto loccasione per offrire a Riad la regia dei colloqui e ottenerne in cambio maggiore disponibilità a favorire la stabilità in Irak e a fronteggiare dintesa con Washington le ambizioni iraniane.
La Rice dunque torna a casa soddisfatta. Sfruttando lauto isolamento di Hamas e la nascita a Ramallah di unentità palestinese disposta a giocarsi tutto nella trattativa con Israele, il segretario di stato ha creato le premesse per una nuova iniziativa di pace. Quanto ad Hamas e ai palestinesi di Gaza, la Rice è ben contenta di tenerli, per ora, fuori da tutti i giochi e di soddisfare le richieste in proposito del premier israeliano. Di Hamas e Gaza si occuperanno i sauditi e gli altri Paesi arabi se la conferenza di pace dautunno darà i frutti sperati.
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