Giacomo Susca
Dietro le pareti di cemento, oltre gli incroci intasati dal traffico e al di là delle fabbriche dismesse, si scopre unaltra Milano. Dove nellaria si sente lodore della terra appena smossa, o quello acre dei concimi naturali e soprattutto ci si ricorda del silenzio e che prima dell«happy hour» esisteva un passato con solide radici piantate nel terreno. Lisola che cè si estende per almeno 100mila metri quadrati in 14 zone della città, senza contare gli appezzamenti «abusivi».
Gli orti comunali, istituiti a partire dal 2002 su iniziativa del settore Parchi e giardini dellassessorato al Decoro urbano e Verde, continuano a crescere grazie a unalleanza strategica tra i dipartimenti amministrativi. Perché anche il settore Periferie ne ha fatto uno strumento essenziale per la lotta al degrado della metropoli.
Lidea è nata sul modello vincente nei Paesi del Nord Europa, ma allinizio in pochi si sarebbero aspettati dai milanesi una simile risposta. Le richieste sono tantissime e solo in parte si riesce ad accontentare tutti, al termine di un concorso e in cambio di un canone simbolico (1 euro a mq) e i 20 euro lanno per lacqua (lassegnazione è in carico ai nove consigli di zona). Pure lAem e lAtm hanno seguito lesempio e destinato spazi a questo genere di hobby (come in via Valla o ai bordi della tangenziale). «Per far fronte alle esigenze di socialità e di ricreazione degli anziani, visto che è specie tra loro che suscita molto interesse la coltivazione degli orti», dichiara Maurizio Cadeo, assessore al Decoro urbano e Verde. «Si tratta di una tradizione che intendiamo conservare e incentivare, realizzando nuove aree laddove sarà possibile», aggiunge Cadeo. In concreto si parla di nuovi 50mila metri quadrati su 12 siti, per lo più spazi da individuare allinterno di polmoni verdi come Parco delle Cave, parco Alessandrini, a Quarto Oggiaro, al Forlanini, al Ticinello; che, peraltro, ospitano già esempi di «coltivazione metropolitana». In breve si vuole recuperare il ritardo rispetto alle altre regioni dItalia, meno urbanizzate. Daltronde il sindaco Letizia Moratti, durante la campagna elettorale, in occasione dellormai tradizionale «Festa degli Orti» a maggio, aveva insistito sullimportanza sociale dellorticoltura. Fondamentale in questi anni il ruolo nel recupero di molti anziani soli e dimenticati, magari soliti a perdersi nellalcol, in un angolo del bar sotto casa ma ai margini della vita e dellattenzione pubblica.
Al parco Alessandrini, in zona 4 ad esempio, si contano 92 orti (da 25 a 90 mq) e una vivace comunità di ortisti. Non hanno tardato a stringere molto più che un rapporto di buon vicinato. Anzi, ormai sono diventati una famiglia con tanto di figli e nipoti, al seguito dei «patriarchi» felicemente pensionati. La domenica, e ogni volta che il tempo lo consente, si ritrovano a tavola in quello che fu latrio della vecchia Cascina Colombè. Da lì i palazzi e le auto di piazzale Cuoco non si vedono più, e così è più bello assaporare le specialità cucinate con gli ingredienti frutto del proprio lavoro e di tanta dedizione. Si fa a gara a chi vanta il terreno più curato e colorato di fiori, a chi può permettersi di esibire la melanzana «gigante» o le zucchine più «saporite». Il pranzo finisce sempre col cantare canzoni in dialetto, e poi giù a ridere con le barzellette.
Il sistema è «fiorente», dunque, da molti punti di vista. Roberto Maddé, presidente della Coldiretti di Milano e Lodi, stima in 25mila le persone «colpite» in città dalla sindrome del pollice verde. «Il fenomeno è eclatante. Sebbene agli ortisti sia vietato di vendere i prodotti dei propri campi, è significativo rispetto al risparmio economico - commenta Maddé -.
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