Un fiume di denaro pari a oltre il 10% del Pil nazionale. Le multinazionali del crimine basate in Italia spingono il riciclaggio a un valore doppio a quello rilevato dal Fmi nel mondo (5%), e questo rappresenta per il Paese «una sfida continua» nella quale «tutti i cittadini, al pari degli intermediari e delle istituzioni devono sentirsi coinvolti». La Banca dItalia, per bocca del vicedirettore generale Anna Maria Tarantola, torna a evidenziare una delle minacce più pericolose per la stabilità delleconomia e della società italiane e ammonisce che attraverso il fiume di denaro del riciclaggio i criminali arrivano a sedere nei cda delle aziende e prendere decisioni «economiche, sociali e politiche rilevanti». Una lotta in cui la Banca dItalia è in prima linea attraverso la Vigilanza e la Uif, lunità di informazione finanziaria istituita nel 2007. Tanto grande è il fenomeno che è in grado «di generare gravi distorsioni nelleconomia legale, alterando le condizioni di concorrenza, il corretto funzionamento dei mercati e i meccanismi fisiologici di allocazione delle risorse con riflessi sulla stessa stabilità ed efficienza del sistema economico», ha detto la dirigente di Palazzo Koch nel suo intervento presso la Scuola superiore di economia e finanze.
Il vicedirettore generale snocciola i dati: nel 2010 le segnalazioni si sono triplicate a quota 37mila rispetto alle 12.500 del 2007. Il trend di crescita accelera continuamente: +16% nel 2008, +44% nel 2009 e + 77% nel 2010. La Tarantola lamenta però come le segnalazioni arrivino quasi solo dagli intermediari bancari e finanziari e dalle Poste mentre dai professionisti e gli operatori (notai, commercialisti, ragionieri e periti commerciali) sono giunte solo 223 segnalazioni nel 2010.
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