Tra ricordi e grandi progetti

Per chi risale via Aldrovandi è giocoforza da qualche giorno imbattersi in una statua alta più o meno un metro e mezzo. È l’alca impenne. Un volatile estinto ormai da tempo. È lui il nuovo testimonial di una delle istituzioni più trascurate ma al tempo stesso più seducenti che rendono impareggiabile il «forziere» della città eterna. Stiamo parlando del Museo di Zoologia. Fino alla nascita del nuovo Bioparco (1997) era una sezione dello zoo di Villa Borghese. Da dodici anni a questa parte vive di luce propria. Magari non saranno bagliori appariscenti, ma se si imbocca il portone del civico 18 si rimarrà certamente abbagliati dai tesori lì raccolti. Bisogna insomma vincere la naturale ritrosia verso tutti quei luoghi che non sono à-la-page o che non sfruttano la scia di veicoli pubblicitari più pervasivi. Insomma bisogna avere quel naturale istinto di curiosità che solo può arricchire l’uomo. Ma ne vale la pena saltare il fosso.
«È un lavoro molto faticoso riuscire a rendere visibile questo inestimabile patrimonio - conferma Claudio Manicastri, che ha lasciato l’università per dedicarsi anima e corpo al Museo di Zoologia - ma i numeri ci danno ragione. E un po’ alla volta stiamo aumentando il numero dei visitatori». Il patrimonio di cui parla Manicastri conta 5 milioni di esemplari. Dai piccoli insetti agli scheletri di balena, milioni di reperti che provengono principalmente da alcune collezioni storiche (come quella dell’ornitologo Ettore Arrigoni degli Oddi). «Molti dei nostri ospiti - aggiunge malinconico Manicastri - sono ex inquilini del bioparco. Come la tigre e il vecchio leone». Difficile pensare che questa enorme mole di materiali zoologici (che vanno dalle conchiglie di molluschi di pochi millimetri fino allo scheletro dell’elefante africano che campeggia nell’ultima sala) possa trovare una comoda collocazione nella struttura che attualmente conta in appena 1500 metri quadri di spazi espositivi. Ed è qui che l’estro tutto italiano quando è unito a una genuina passione per il proprio lavoro e la propria missione può dare risultati davvero insperati.
«Per fortuna il nostro Babbo Natale si chiama Legge per Roma Capitale» butta lì il giovane direttore del museo. «Vede quella fossa laggiù? - fa Manicastri indicando una grande fossa proprio davanti alla palazzina che ospita il museo e che fa quasi da spartiacque dalla sua area di competenza con quella del Bioparco -. Lì sorgerà il nuovo cavo del museo. Una volta terminato a giugno prossimo, questo lavoro consentirà di raddoppiare lo spazio a disposizione del museo. I soldi vengono appunto da un capitolo di spesa di Roma Capitale. Con i nostri magri fondi ordinari riusciamo a mala pena a restare aperti».
Al civico 18 di via Aldrovandi le idee non mancano. Basta imboccare l’accesso al percorso didattico per rendersi conto di come creatività, spirito di adattamento e alta preparazione scientifica possono dare risultati davvero coinvolgenti. Si inizia con gli «Amori bestiali», proprio alle spalle del botteghino all’entrata. Una sezione dove viene presentata con intelligenza e buon gusto la molteplicità delle situazioni che concorrono a determinare un tema centrale della vita: ovverosia la riproduzione. Seguono poi le tappe dedicate a «Vivere al limite» (animali in ambienti estremi), e alla «Barriera corallina». In quest’ultimo caso il «made in Italy» di casa nostra ha prodotto un vero capolavoro. Il diorama si compone infatti di oltre 2000 esemplari di animali di questo eco-sistema ricostruiti e dipinti a mano con correttezza scientifica e perizia artigianale da parte di una squadra di pittori naturalisti. «E grazie a una somma davvero irrisoria rispetto ai preventivi che ci avevano fatto avere alcuni laboratori americani specializzati ai quali ci eravamo rivolti in un primo momento», commenta Manicastri. Dal 1932 (anno di fondazione del museo regio) a oggi, ne sono passati di visitatori. Ma in questi ultimi anni il numero sta sensibilmente crescendo. Un buon segno. «Siamo intorno ai 40mila l’anno - spiega il diretto del Museo zoologico -. Peccato solo che il 90 % sia rappresentato dalle scolaresche. E meno del 10 % sia di famiglie che vengono qui il sabato e la domenica. In questo senso gli «Happy Hour» organizzati la passata primavera costituiscono un primo tentativo per allargare le prospettive del museo. Si trattava di incontri a tema con esperti di biodiversità e tematiche ambientali, nonché scienziati di fama.
«Ma questa struttura - commenta Manicastri mentre passa davanti all’esemplare di leone marino imbalsamato - è anche un libro di Storia. Nelle sue pagine si nascondono vicende ed episodi commoventi e tragici.

Come è il caso appunto della testa di questo leone marino dove un imbalsamatore all’indomani dell’8 settembre infilò un autentico “messaggio nella bottiglia”. Lo conserviamo ancora. Si tratta di un ammonimento alle generazioni future e un’atto d’accusa contro la dittatura».
Come dicevamo all’inizio, appunto, uno scrigno di tesori inaspettati.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica