Rifiuti, la Corte dei conti: troppi commissari, un danno

Dito puntato anche contro la corruzione dilagante: "Fenomeno diffuso e una politica economica che fa aumentare la spesa a scapito degli investimenti

Rifiuti, la Corte dei conti: 
troppi commissari, un danno

Roma - Quello dei rifiuti è «un caso esemplare di cattiva gestione delle risorse». La Corte dei conti richiama di nuovo l’attenzione sulle cause dell’emergenza-immondizia. E punta il dito contro l’eccessivo ricorso ai commissari straordinari, figure nate per gestire l’emergenza che però - ha sottolineato il presidente della Corte, Tullio Lazzaro - hanno favorito la «deresponsabilizzazione degli enti locali». Un’analisi - quella esposta ieri all’inaugurazione dell’anno giudiziario della magistratura contabile - alla quale si è aggiunto l’allarme del procuratore generale Furio Pasqualucci su un «quadro di corruzione ampiamente diffuso» che i giudici hanno rilevato in particolare nel settore dei lavori pubblici, delle forniture alla pubblica amministrazione e della sanità.

Il capitolo rifiuti, che ieri Lazzaro ha solo accennato, era stato affrontato dalla Corte in novembre. Prima che scoppiasse il caso Napoli, già i magistrati richiamavano l’attenzione sul fatto che la logica dell’emergenza ha spinto Regioni, Comuni e Province a «limitarsi a esprimere le preoccupazioni ambientali delle popolazioni, in funzione spesso esclusivamente antagonistica». Facendo perdere agli enti locali, «le capacità tecniche necessarie per affrontare l’ordinaria gestione».

L’Italia si porta dietro una tradizione di mancato rispetto delle direttive comunitarie in materia, con 36 cause già concluse. Un fatto che - secondo Pasqualucci - «merita la più attenta considerazione e un’assunzione precisa di responsabilità per i notevoli danni, patrimoniali e no, che vengono arrecati all’intera collettività». Danni che a volte sono quantificabili. Come nel caso dei call center di Antonio Bassolino, citato dal procuratore generale e solo indirettamente legato all’emergenza rifiuti. Le linee telefoniche per l’ambiente, affidati a una società mista partecipata dalla presidenza della Regione Campania, che secondo la Corte hanno provocato danni per tre milioni e 200mila euro.

Per quanto riguarda il quadro dei conti pubblici, la Corte dei conti apprezza il miglioramento nell’avanzo primario. Ma evidenzia la contraddizione con una politica economica che fa aumentare la spesa corrente a scapito degli investimenti. Un risparmio nell’immediato che «alla lunga erode le capacità di dare risposta alle esigenze di sviluppo».

Duro l’attacco sulla corruzione. Nella fornitura di beni e servizi, ad esempio, sono frequenti gli episodi di «pagamenti di prezzi di gran lunga superiori a quelli di mercato o addirittura il pagamento di corrispettivi per prestazioni mai rese». Casi citati, quello di un presidente di Regione che aveva erogato contributi a una società di autolinee della quale è risultato socio occulto. O di «corsi fantasma» costati alla Regione Liguria 1,9 milioni di euro. La Corte ha risposto anche con condanne per «danni all’immagine» delle amministrazioni pubbliche, provocati da tangentari.

Ma ci sono situazioni contro le quali la Corte può poco, ad esempio, certi privilegi. Come nel caso delle pensioni ai dipendenti della Regione Sicilia. Per loro la sezione giurisdizionale d’appello dell’isola ha dato il via libera all’applicazione della normativa regionale sulla perequazione automatica delle pensioni, un regime molto più favorevole rispetto a quello vigente nel continente. E questo «non uniformandosi ad una pronuncia delle sezioni riunite», della stessa Corte che da Roma continuava a chiedere per i pensionati della Regione Sicilia lo stesso trattamento degli altri ex dipendenti pubblici.
Per i casi più gravi la Corte chiede strumenti di intervento efficaci. Ad esempio, ha sottolineato Lazzaro, disporre direttamente il blocco delle risorse che si stanno sperperando, salvo poi lasciare al governo ogni successiva decisione. Va poi confermata la giurisdizione della Corte sulle società partecipate dallo Stato e, ancora di più, dagli enti locali.

Ma oltre alla corruzione, i privilegi e le frodi, c’è una cosa che preoccupa la magistratura contabile. Ed è il «non agire».

Un «porto tranquillo» nel quale - ha sottolineato Lazzaro in un appello inedito per la Corte - i politici sono tentati di rifugiarsi, magari per sfuggire al clamore mediatico degli scandali. «Effetto pernicioso» perché molte volte è proprio il non agire, che provoca la «dilapidazione delle risorse per opere poi non portate a termine». E in casi del genere non c’è giudice che possa intervenire.

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