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Riforma Onu, due siluri a Schröder

Primo sì del Congresso Usa alla proposta di dimezzare il finanziamento delle Nazioni Unite entro i prossimi due anni

Roberto Fabbri

Riforma dell’Onu sempre più incagliata. La Cina (uno degli attuali cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza) ha sparato ieri a zero contro la cosiddetta “proposta del G4”, sostenuta da Germania, Giappone, India e Brasile, definendola «immatura» e tale da «minare ogni potenziale progresso della riforma delle Nazioni Unite». È un nuovo, pesante colpo al progetto del G4, che già Pechino aveva definito «pericoloso» la scorsa settimana.
Il piano del G4 prevede che il Consiglio di Sicurezza sia allargato dagli attuali 15 membri (5 permanenti e con diritto di veto, più 10 a rotazione) a 25; in questa visione, i membri permanenti salirebbero a undici: oltre ai cinque attuali (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) lo diventerebbero appunto Germania, Giappone, India e Brasile, più altri due Paesi africani ancora da stabilire (sono in ballottaggio Sudafrica, Egitto, Nigeria e altri). Per rendere più accettabile la loro proposta, i Paesi del G4 offrirebbero la rinuncia all’esercizio del proprio diritto di veto per quindici anni.
La Cina sostiene invece un piano alternativo, gradito all’Italia e, tra l’altro, ad altre potenze regionali come il Messico e il Pakistan: anche questo prevede un allargamento del Consiglio di Sicurezza a venticinque membri, ma non contempla nuovi membri permanenti.
La confusione è al momento massima. Ieri il governo francese ha espresso il proprio sostegno a «co-patrocinare» la proposta del G4, dicendosi in particolare favorevole all’attribuzione alla Germania di un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza. Ma contemporaneamente il New York Times parla di un’opposizione americana a tale progetto. Opposizione confermata dal segretario di Stato Usa Condoleezza Rice nel suo incontro dell’altra sera con il ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer: la Rice si è limitata a esprimere il favore del suo Paese all’ingresso del Giappone nel Consiglio, ma non ha in alcun modo incoraggiato le speranze tedesche, indiane e brasiliane.
E sempre ieri il Congresso degli Stati Uniti ha dato il primo via libera a una norma che, se dovesse essere approvata, dimezzerebbe il finanziamento di Washington alle Nazioni Unite se, entro due anni dall’entrata in vigore di una riforma dell’Onu, la valutazione americana del suo contributo al miglioramento dell’efficienza della struttura delle Nazioni Unite fosse negativa. Oggi Washington paga il 22 per cento del bilancio annuale dell’Onu (il più consistente in assoluto), che in totale si aggira sui due miliardi di dollari.
Preoccupato da questa tendenza, il segretario generale dell’Onu Kofi Annan ha inviato al Congresso il proprio capo di gabinetto Mark Malloch Brown, che è intervenuto a una riunione della commissione per assicurare che a Palazzo di Vetro «si lavora con i motori a tutta» per realizzare l’attesa riforma. Tuttavia, le prese di posizione americane non sembrano tranquillizzanti per Annan - oltre che per le ambizioni di Berlino.
Quale ultimo elemento di oggettiva confusione, ieri il Parlamento europeo ha votato una risoluzione con la quale conferma la propria volontà di veder attribuito all’Unione europea un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza.

«Qualunque sia la procedura di riforma prescelta - hanno detto gli eurodeputati - i seggi supplementari destinati all’Europa dovrebbero essere attribuiti all’Unione in quanto tale».

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