Per una riforma seria basta una settimana

Caro Granzotto, nelle ragioni dettate dal cuore per volere subito le elezioni, oltre a non privare la sinistra della zappa, che poi gli va sui piedi, dell’antiberlusconismo, e a godere del fatto che risparmiamo un sacco di soldi non facendo scattare la pensione ai 943 parlamentari, ci deve aggiungere la rivalsa. Per due anni sia l’opposizione sia chi l’ha votata sono stati fatti oggetto di attacchi e accuse una più disoneste dell'altra, e sempre motivate dal fatto che quelli di sinistra sono migliori di quelli di destra. Col voto faremo loro ingoiare le accuse e ci prenderemo una bella soddisfazione. A questo proposito e visto che la situazione è quella che tutti hanno sotto gli occhi, cosa aspetta il presidente Napolitano a sciogliere le Camere?


È vero, caro Goffredini, l’impressione è che con il pretesto di rispettare una melensa e barocca liturgia si stia menando il can per l’aia. Quattro giorni di consultazioni! Più la domenica, che anche in occasioni come queste viene destinata al riposo. Quasi che due chiacchiere in salotto comportino uno sforzo fisico e mentale tale da giustificare 24 ore di pausa. E poi, che contributo può dare alla risoluzione della crisi un rottame (politico, sia chiaro: un rottame, ma politico) come Oscar Luigi Scalfaro? E che bisogno ha, Giorgio Napolitano, di sentirsi dire da Marini e da Bertinotti che in Parlamento non c'è più una maggioranza? Anche se non leggesse i giornali gli sarebbe bastata una telefonata per apprendere quel che tutto il Paese sa. Oltre alle elezioni il Quirinale non ha che una alternativa: un governo a termine con mandato preciso, la riforma elettorale. E poiché quest’ultima è la soluzione preferita da Veltroni, inutile consultarlo e consultare la Dca, il Nuovo Psi, l’Italia dei valori i verdi, il sopraddetto rottame (politico) ecc. Basta chiedere a Berlusconi se ci sta. Se non ci sta, elezioni subito. Se ci sta, governo subito.
Avendo un mandato rigidamente circoscritto, l’esecutivo lo si può mettere in piedi in quattro e quattr’otto, con una decina di ministri che sbrighino gli affari correnti. Cinque di parte berlusconiana e cinque di quella veltroniana, così non si fa torto a nessuno. Per redigere poi la nuova legge elettorale basta una settimana: sulle grandi linee Veltroni e il Cavaliere si trovano già in sintonia (privilegiare il bipartitismo, asticella dello sbarramento posta in alto) pertanto basta accordarsi sui dettagli. Siccome i sistemi elettorali son quelli che sono e non si tratta di escogitarne di nuovi, anche tenendo conto che generalmente il diavolo si nasconde lì, nei particolari, e che la politica ama dibattere sull’irrilevante, coi telefonini spenti, un paio di tazze di caffè e un po’ di buona volontà in mezza giornata se ne può venire a capo. A questo punto tocca al Parlamento. Fra gli interventi dei relatori e le dichiarazioni di voto passano, a star larghi, due giorni e uno (ma sono sufficienti un paio d’ore) se ne va per il voto finale. Tirando le somme, caro Goffredini, se il problema è quello della legge elettorale e se davvero lo si intende affrontare e risolvere senza ricorrere alle manfrine della politica politicante, a metà febbraio, fine febbraio, va’, il Parlamento potrebbe essere sciolto.

E fra il trentesimo e il quarantacinquesimo giorno dallo scioglimento, cioè in aprile, si potrebbe benissimo andare alle urne con la nuova legge elettorale. Questo è il dire. Poi c’è il fare. E poi ancora, qualcosa in mezzo.

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