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Il riscatto della grigliata, mangiamo più bistecche (quelle vere)

Il gruppo Cremonini: "Sta finendo l'era della demonizzazione"

Il riscatto della grigliata, mangiamo più bistecche (quelle vere)

In epoca di burger vegani a base di soia e miglio, tutto ci aspetteremmo fuorché un aumento dei consumi di carne (vera). Eppure. A sorpresa il 2018 ha registrato un'inversione di tendenza nella spesa delle famiglie italiane, con il 5% in più di bistecche acquistate. Un valore piccolo ma che rappresenta un'autentica impennata se paragonato ai dati degli ultimi sei anni.

Cosa sta succedendo? Sulle tavole degli italiani sembra andare in scena una sorta di «riscatto della grigliata» che riguarda sia il pollame sia le fettine di manzo e maiale. Come se gli anni del boom della dieta veg volgessero in qualche modo al termine. O almeno a un ridimensionamento. Carne sì ma mangiata in modo consapevole: a cominciare da una lettura intelligente dell'etichetta e un'attenzione alla qualità e alla filiera più consapevole rispetto al passato.

Secondo l'amministratore delegato del gruppo Cremonini, Luigi Scordamaglia, quel 5% di aumento dei consumi di bistecche «rappresenta probabilmente la fine della demonizzazione della carne». Forse si è capito che senza le sue proteine non si riesce a realizzare una dieta realmente equilibrata, soprattutto nei bambini e negli adolescenti. E soprattutto ci si è resi conto che in Italia ci dobbiamo tenere cari i nostri allevamenti: non intensivi e compatibili con il tipo di paesaggio italiano.

Dopo anni di un mercato malato di «bulimia vegana», sugli scaffali dei supermercati, corner ad hoc dedicati a simil hamburger, simil rollé di carne, simil polpettine impanate, il business alimentare si sta preparando a un nuovo scenario, più equilibrato tra «i due mondi».

Nel tira e molla vegani-carnivori, c'è parecchio spazio per lanciare prodotti che stuzzichino il palato degli uni e degli altri: con burger finti e macinati che rivendicano la propria autenticità, prodotti con una tracciabilità impeccabile e surrogati della carne che però fanno bene alla salute e salvano gli allevamenti.

L'utilizzo della non-carne contribuirà a combattere alcuni nemici del clima: eliminando lo sfruttamento del bestiame e degli allevamenti intensivi americani verrà ridotto il livello di inquinamento della falda acquifera e il risparmio sarà notevole: si utilizzerebbe il 95% in meno dei terreni e il 75% di acqua, con un abbattimento delle emissioni di gas serra dell'87% rispetto ad ora.

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