Rito immediato per il vigile che ha ucciso il cileno

É a un passo dalla chiusura l’inchiesta sulla morte di Marcelo Valentino Gomez Cortes, l’immigrato sudamericano ucciso da un vigile al Parco Lambro il 13 febbraio: e si preannuncia un esito tutt’altro che favorevole al «ghisa» che ha esploso il colpo mortale, Alessandro Amigoni. Se gli ultimi accertamenti medici e balistici confermeranno il quadro emerso finora, il pubblico ministero Roberto Pellicano sarebbe intenzionato a portare Amigoni a processo con rito immediato, saltando anche il filtro dell’udienza preliminare, come la legge consente «quando la prova appare evidente». E l’accusa per il vigile sarà di omicidio volontario.
Per scongiurare questa ipotesi, il difensore di Amigoni, l’avvocato Gian Piero Biancolella, sta lavorando a una sorta di contro-inchiesta che consenta di ridimensionare le responsabilità del vigile. Ma non si presenta come una impresa facile. Sull’agente della polizia locale pesano non solo le testimonianze dei suoi colleghi presenti al momento dell’inseguimento, nessuno dei quali ha confermato che uno dei fuggiaschi impugnasse una pistola (solo uno dei «ghisa» su questo dettaglio è stato possibilista, parlando di un oggetto simile a un’arma impugnato dall’amico del morto, ma poi ha fatto marcia indietro) e anche le risultanze autoptiche secondo cui il giovane cileno è stato colpito alla schiena. Ma a pesare su Amigoni sono paradossalmente le sue stesse dichiarazioni a poche ore dai fatti, quando ha ammesso di avere fatto fuoco deliberatamente, pur sostenendo di avere mirato a un terrapieno: e così si è bruciato da solo la possibilità di ricorrere alla versione del colpo accidentale.
Se si andrà al processo immediato, dunque, più che sulla ricostruzione della meccanica dei fatti è verosimile che la battaglia tra accusa e difesa si giocherà sulla interpretazione della legge. La Procura ha già scelto la sua linea, nel momento in cui ha deciso di cambiare l’imputazione a carico di Amigoni contestando al vigile - inizialmente indagato solo per eccesso di legittima difesa - il reato di omicidio volontario. Nessun trattamento di riguardo, insomma, tranne quello di evitare al vigile il carcere preventivo. Ma in aula Biancolella potrà portare le sentenze che nel corso degli anni hanno ritenuto legittimo l’utilizzo delle armi da parte delle forze dell’ordine nei confronti di fuggitivi. La scelta dei due cileni di non fermarsi all’alt intimato dalla pattuglia e di scappare, prima in auto e poi a piedi, secondo questa interpretazione giustificherebbe il ricorso alle armi.

Nel 2007 una decisione della Cassazione ha messo dei limiti più rigidi, stabilendo che la polizia può fare fuoco su chi fugge «solo in presenza della necessità di respingere una violenza o superare una resistenza attiva», e difficilmente si può descrivere così il comportamento di Gomez Cortes. Ma, giuridicamente, la partita è aperta.

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