Silvia Kramar
da New York
Apocalypto, il nuovo kolossal di Mel Gibson, già fa storia. Secondo un sito Internet di Hollywood, sia il settimanale Time che Newsweek, suo diretto rivale, sarebbero intenzionati a metterlo in copertina in occasione delluscita, prevista per l'8 dicembre. Le due testate stanno inoltre lottando per strappare un'intervista esclusiva col regista australiano: a entrambi il portavoce di Gibson ha risposto che «la privacy di Mel viene prima di tutto».
Dopo l'arresto di quest'estate, quando la star di Arma Letale e Braveheart è stato fermato al volante in stato di ebrezza e aveva gridato epiteti antisemiti in faccia al poliziotto di Beverly Hills che l'aveva ammanettato, il regista de La Passione ha scelto il basso profilo e si è fatto ricoverare in una clinica privata per disintossicarsi dall'alcol: un problema che da anni lo perseguita, prima ancora che la sua profonda fede cristiana lo spingesse a produrre il film sulla crocifissione.
Dopo aver visto la foto dell'arresto e dopo aver letto i particolari di quella notte brava, molti avevano creduto che Apocalypto sarebbe amaramente fallito. A due mesi dal rilascio invece il quarantanovenne Gibson ha già riscosso i primi applausi, dopo le anteprime riservate ad alcune tribù di indiani americani in Oklahoma e nel Texas. Circola voce che, pur non essendo ancora completato (mancano alcuni effetti speciali), sia davvero un capolavoro. Un kolossal che farà storia. «Un Braveheart messicano», ha scritto il critico di Hollywood Reporter, riferendosi alla pellicola che aveva regalato a Gibson due Oscar.
Così Time e Newsweek fanno a gara per averlo in copertina. Sarebbe uno scoop eccezionale per Gibson: la sua Passione era apparsa sulla cover del secondo, mentre Time aveva aspettato a seguire l'esempio del rivale fino ai giorni caldi del dibattito sul cosiddetto «nuovo cinema cristiano». Dopo quell'incasso record (600 milioni di dollari), Hollywood si aspettava da lui un altro film religioso; ma il regista più discusso del cinema americano, l'attore che per anni ha interpretato action movies pieni di humour e violenza, con Apocalypto ha voluto esplorare il mondo scomparso della civiltà dei Maya, sottoposta alla violenza, alla crudeltà e alla furia distruttiva dei conquistadores spagnoli.
Girato per cinque mesi nella giungla e per altri tre in un set di rovine antiche costruite vicino a Veracruz, anche questa pellicola - come quella sulla crocifissione - è stata realizzata in una lingua estinta: se il Cristo di Mel Gibson parlava aramaico, i Maya si esprimono in dialetto Yucateco. Come ne La Passione, anche in questo film d'avventura il sangue scorrerà copioso; stavolta, però, non avrà significati di redenzione ma mostrerà il massacro compiuto contro una civiltà pacifica.
La Disney, che dopo lo scandalo di quest'estate sembrava decisa ad abbandonare il progetto, costato oltre 200 milioni, invece adesso punta tutto su questo mega lancio che vede all'opera un Gibson nuovo: più artistico, in tema col cinema di Werner Herzog. Un Gibson anche in vena di politica. Parlando del crollo della civiltà Maya, ha voluto paragonarlo al collasso di quella americana «che ogni giorno sacrifica i suoi soldati in Irak».
L'anteprima è stata presentata al festival del cinema texano «Fantastic Fest 2006» e il pubblico gli ha tributato una standing ovation. Bob Knowles, il critico di Hollywood Reporter, l'ha definito «un'opera dall'immensa potenza, un gioiello ancora grezzo che, una volta completato, diverrà il miglior film di Gibson».
Apocalypto è stato anche proiettato in un casinò di Goldsby, di proprietà della tribù dei Comanches, di cui fa parte il giovane protagonista: Rudy Youngblood è stato scoperto da Gibson poche settimane dopo il suo arrivo a Hollywod in cerca di fortuna, è stato ingaggiato dopo aver dimostrato di saper saltare e correre a perdifiato sui mobili degli studios. Un provino insolito ma necessario, Apocalypto si conclude con una scena indimenticabile, a detta di chi l'ha visto: una fuga straziante e mozzafiato nella foresta tropicale.
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