Il ritorno di Marrazzo alla festa dell’Idv: "La coscienza è a posto"

La prima uscita pubblica dopo lo scandalo. L’ex governatore del Lazio giura: "Non torno in politica. Mai infranto le leggi, però nel privato ho sbagliato"

Il ritorno di Marrazzo  
alla festa dell’Idv:  
"La coscienza è a posto"

Roma - Non è la pena del contrappasso, e d’altronde «la gente per strada - aveva raccontato quest’estate - chiede sempre: “Presidente, quando torna?”». Come si fa a dir di no? «Da uomo pubblico non ci si dimette, dalla vita neppure», il pensiero affidato all’ultima intervista e ripetuto come un mantra, perché «ho sbagliato nel privato, ma non ho infranto norme». Stanco di tergiversare, stanco di menare il can per l’aia con quelle «persone comuni che capiscono benissimo le vicende della vita, sanno giudicare e trarre le conseguenze», alla fine ha ceduto. Ieri sera il momento tanto atteso - tanto temuto: Piero Marrazzo è tornato. Certo, se è vero che vuole tornare alla vita politica con l’IdV di Antonio Di Pietro, forse la cosa suona persino in modo un po’ beffardo, un po’ grottesco. Lui nega: «Non cerco iscrizioni a nessun partito». E il contadino ex Pm, sempre un po’ machista, non sembra tenere botta di fronte all’imbarazzo. Così si schermisce: «L’invito non significa che è dell’Idv... Torna? Bisogna vedere a che titolo, a fare che cosa?».
Eppure c’è qualcosa che va compreso, nell’ennesima trasformazione, in questa trasfigurazione dell’uomo che non riesce a stare a digiuno della sfera pubblica che l’ha fagocitato, e cui perennemente fa ritorno per farsi ringhiottire, incapace di trovare altra dimensione se non quella di essere nutrimento della curiosità altrui, della morbosità dei tanti. La ripetizione di un sacrificio, prometeicamente avvertito fin nelle carni, da cui s’attende la redenzione, la salvificazione della propria natura, la cancellazione del debito.
Dunque s’è dato ancora una volta in pasto al popolo, Piero Marrazzo, figlio del grande Giò, inaugurando la festa dipietrista di piazza Risorgimento a Roma, portandosi appresso le due figlie. Pretesto un dibattito sulle politiche regionali assieme al suo feroce «carnefice» (politico, s’intende) d’un tempo, Francesco Storace. Due ex governatori rivali un po’ sorpassati dalla storia (ancor di più dalla luce dei riflettori), costretti a reinventarsi ancora una volta come nemici, in virtù anche di una posizione critica rispetto a quella dei rispettivi schieramenti. Storace in cerca d’una chiave per liberarsi dalla morsa Pdl-Lega, Marrazzo avvelenato con il Pd che non mosse un dito in sua difesa, durante lo scandalo dei «trans», ma soprattutto «dopo». Sta in fondo in questa trascuratezza degli ex amici, sodali e clienti ciò che duole di più nelle carni di Piero. Questo essere lasciato languire nella dimenticanza, nel serrato confronto con un Sé che ancora gli sfugge.
Inevitabile che l’arrivo di Marrazzo abbia catalizzato l’attenzione dei tanti cameramen e giornalisti accorsi per il suo ri-debutto: così Piero ha provato ancora una volta l’ebbrezza d’essere rincorso dalle domande strampalate di Enrico Lucci delle Iene televisive, la ressa dei fotografi per un suo sorriso, le gomitate tra cronisti per una sua sillaba. Non s’è sottratto. Ha concesso battute da blabla politico, dunque della durata atta a seppellire un avversario, ma che invece stavolta sono parse voler seppellire l’altro se stesso, ed esorcizzare il Male. «Con i problemi morali ciascuno fa i conti con se stesso...

La mia coscienza è a posto», ha detto. Quando gli hanno chiesto della cocaina e dell’autoblu con cui andava a «trans» ha risposto: «Tutte domande che mi sono posto nel mio percorso personale». Gara a ostacoli con un demone, dentro, chiamato «celebrità».

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