La rivoluzione del walkman: quando la musica va a spasso

Il walkman creato per caso nel 1979 ha cambiato per sempre le abitudini personali e i rapporti con gli altri. La geniale trovata della Sony: fornire una colonna sonora alla vita. Fu un successo mondiale

La rivoluzione del walkman: 
quando la musica va a spasso

Ogni epoca ha un inizio e un finale simbolico. Sempre profetico. Per dire: i Settanta, che furono di una pesantezza di piombo, cominciarono il 12 dicembre 1969 con la bomba in piazza Fontana e si chiusero il 2 agosto 1980 con la strage di Bologna. Gli Ottanta, che furono di una leggerezza musicale, finirono nel luglio del 1989 sull’ultima nota del concerto veneziano dei Pink Floyd sopra una piattaforma galleggiante di fronte a San Marco, e si aprirono con la sequenza-culto in cui l’ombroso Mathieu, nel mezzo di una festa scatenata, mette le cuffie del walkman a Vic, alias Sophie Marceau, per danzare lentamente abbracciati. Quando il film uscì nelle sale era il dicembre 1980. Reality.

Feticcio e memoria indelebile di una generazione che ebbe allora, e continua ad avere, l’ottimismo nella testa e la disco music in tasca, il walkman - all’epoca molto più status symbol di quanto lo sia oggi l’iPhone - il 1° luglio 1979, esattamente trent’anni fa, schiacciò il tasto play di una nuova era. Iniziava in quel momento un gran ballo elettronico e collettivo in cui la musica per la prima volta non si ascoltava ma entrava direttamente nel cervello: un party interminabile, impeccabile, disimpegnato i cui ospiti - per quanto oggi possa apparire incredibile - preferivano gli Alphaville ai Beatles e un George Michael bisexual a un John Lennon pacifista. I want to be forever young.

Per quanto oggi possa apparire incredibile, soprattutto ai figli degli anni Novanta e degli anni Duemila per i quali è inconcepibile un mondo senza cuffie, il walkman della Sony nel giro di un paio di compilation, senza che nessuno ci credesse o l’avesse anche solo immaginato, rivoluzionò la musica, offrendo la possibilità di portarla con sé, dovunque. Dando vita a un nuovo modo di muoversi, di comportarsi, di usare il tempo libero, persino di relazionarsi: paradosso di uno strumento strettamente personale per stesso statuto tecnologico, il primo lettore portatile della storia fu uno straordinario fenomeno sociale che faceva gruppo. In questo agli antipodi, strutturali e antropologici, dei suoi pronipoti digitali, gadget iconici del più sofisticato individualismo da passeggio: il lettore cd, l’Mp3, l’Ipod...

Grande poco più di un pacchetto di Camel, leggero come la musica pop che suonava, elegante come il decennio che lo disegnò, e per di più economico come la tecnologia giapponese che lo aveva assemblato, il walkman divenne uno dei prodotti più popolari dell’era elettronica e uno dei più grandi successi commerciali della storia. Materializzatosi quando i dischi erano in vinile, Internet non esisteva e il cellulare di là da venire, il walkman nacque per caso. Il fondatore della Sony, il leggendario Akio Morita, un giorno chiese ai suoi zelanti ingegneri un registratore abbastanza comodo da usare durante i frequenti viaggi d’affari. Il vero business, pochi mesi dopo, fu quello.

Lo chiamarono walkman, direttamente in lingua inglese, per richiamare semanticamente la popolarità di Superman, del quale alla fine il discreto apparecchio portatile divenne persino più potente e conosciuto, da Tokio a Los Angeles. Big in Japan. «Diventerà la colonna sonora della vostra vita», era lo slogan. Mai mossa di marketing fu più azzeccata. Il peso (meno di 400 grammi), l’inedito jack audio per condividere la musica tra due cuffie e il prezzo (sotto la soglia psicologica dei 40.000 yen, grazie all’impiego di componenti a basso costo), fecero il resto. Incidendo una traccia indelebile nella storia sociale del Novecento.

Anello di congiunzione tecnologico fra la preistorica radiolina a transistor e il «futurama» Ipod, il walkman - un marchio destinato a diventare un sostantivo, inserito nel 1986 nell’Oxford English Dictionary - rese per la prima volta trasportabile la musica. Abbattendo la sfiducia iniziale dei rivenditori che dubitavano del successo di un lettore di nastri che non aveva il registratore (il tasto rec fu assemblato più tardi), nel primo mese entrò direttamente nelle classifiche di vendita con 30.000 pezzi, che in un decennio sarebbero diventati 100 milioni in tutto il mondo, e a oggi - nelle varie versioni, marche e sottomarche - circa mezzo miliardo. Calcolando che sul pianeta siamo più o meno sei miliardi, vuol dire che un essere umano su dodici, almeno una volta, si è portato a spasso il suo cantante preferito. Cosa vuoi di più dalla vita? Eros Ramazzotti.

Ha cambiato il mondo della tecnologia, eppure è già un reperto archeologico. Proprio in questi giorni, per celebrare i trent’anni della rivoluzionaria invenzione della Sony, la Bbc ha chiesto a un tredicenne a caso, Scott Campbell, di scambiare per una settimana il proprio Ipod con un walkman. Scott ha detto che i suoi amici non potevano credere che i suoi genitori utilizzassero questa «scatola mostruosa» e ha impiegato tre giorni solo per capire che il nastro della cassetta aveva due lati.

Simbolo e metafora di un decennio - gli anni Ottanta - che dal punto di vista sociale furono l’apoteosi della modernizzazione (una televisione a testa in famiglia con un canale per ciascuno, il Commodore 64 la cui evoluzione ci ha teletrasportato al BlackBerry, il videoregistratore per dare forma a una memoria ormai frammentata, il bancomat per pagare senza soldi, le lampade Uva per essere abbronzati a pezzi e ricchi integrali, le segreterie telefoniche per essere sempre presenti), il walkman è stato per un’intera generazione lo strumento più comodo ed economico per mettersi la libertà della musica in testa. In palestra, a scuola, in metropolitana, facendo jogging, in cameretta, in palestra o in gita scolastica. Io la musica synth-pop inglese, tu l’electropunk tedesco, noi la new wave italiana.

Fortunata espressione di entertainment a basso costo collegato tramite un paio di cuffie a un nuovo modo di scegliere la musica da condividere con gli altri, l’età del walkman e del paninarismo da asporto - per farla finita una volta per tutte con le Timberland e il Moncler - fu piuttosto l’ultimo afflato comunitario giovanile del secolo,

quando ancora i ragazzi si univano in compagnie, prima della disgregazione individualistica degli anni Novanta e della solitudine di massa dei Duemila. Mentre attorno tutti fanno rumore. Video killed the radio stars.

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