Colleferro, la "discarica dei miasmi" chiude ma dopo si rischia il caos

La discarica di Colleferro dovrebbe chiudere alle fine del 2019. L'allarme dei comitati: "A sette mesi dalla presunta chiusura non sappiamo ancora dove andranno a finire i rifiuti trattati dai Tmb, se il Comune di Roma e la Regione Lazio non si svegliano si rischia il caos"

Colleferro, la "discarica dei miasmi" chiude ma dopo si rischia il caos

Non è facile vivere all’ombra della discarica di Colle Fagiolara, la più grande del Lazio dopo Malagrotta. D’inverno e soprattutto d’estate l’aria è avvelenata da odori acri e nauseabondi. Ogni giorno lungo la via Paliense il viavai di camion diretti all’impianto è incessante ed i gabbiani volteggiano sulle dune d’immondizia come condor (guarda il video).

Lo sanno bene gli studenti dell’istituto agrario di Colleferro, che dista poche centinaia di metri dall’impianto. Il mese scorso, per denunciare quegli odori pestilenziali “che prendono allo stomaco e fanno bruciare gli occhi”, hanno persino disertato le lezioni. È stato l’ultimo atto di una serie di proteste iniziate nel 2004, quando la scuola è stata spostata a ridosso del centro urbano, e della discarica.

Una discarica che doveva essere temporanea e, invece, dagli anni Novanta ad oggi si è allargata a dismisura. “In quest’area, prima, c’era una discarica abusiva – ci spiega Andrea Santucci, consigliere comunale della Lega – e si è pensato di bonificarla mediante la realizzazione di un sito temporaneo che avrebbe dovuto accogliere solamente quella modesta quantità di rifiuti scoperti”. Le cose però sono andate diversamente e, invece di ricoprire l’invaso, le amministrazioni che si sono succedute hanno spalancato le porte dell’impianto a carovane di bilici stracolmi di immondizia.

Così, Colle Fagiolara, ha cominciato prima con l’accogliere i rifiuti della città di Colleferro e poi anche quelli dei Comuni limitrofi, trasformandosi “nella pattumiera di Roma e del Lazio”. Tanto che nel 2016 è stato necessario effettuare un intervento di sopraelevazione. Un’operazione annunciata dall’aumento delle tariffe di conferimento, che ha portato al raddoppio dei camion che scaricano giornalmente il pattume nell’impianto (da 18 a 44). “Oggi – spiega Santucci – vengono conferite circa mille tonnellate di rifiuti al giorno e la discarica incassa tra i 70 e gli 80 mila euro al giorno”.

Un vero e proprio business per Lazio Ambiente Spa, la società partecipata al 100 per cento dalla Regione Lazio che gestisce l’impianto, ma anche per il Comune di Colleferro. “Da quando l’invaso è stato ampliato – denuncia Ina Camilli, presidente del Comitato residenti di Colleferro – l’impatto odorigeno è aumentato, siamo perseguitati dalla puzza”. Questo significa che i sistemi di nebulizzazione utilizzati per abbattere i cattivi odori non lavorano a dovere, ma anche che la qualità degli scarti conferiti potrebbe non essere a norma. Almeno stando a quello che ha scoperto Alberto Valleriani, portavoce del network Rifiutiamoli, nel corso di un recente sopralluogo in discarica.

“Ci siamo confrontati con l’amministratore unico di Lazio Ambiente Spa, Daniele Fortini, e – racconta Valleriani – a proposito dei cattivi odori ci ha confermato che può succedere che il carico di alcuni di camion, provenienti dagli impianti di termovalorizzazzione, nella fattispecie Rocca Cencia, Malagrotta 1 e 2, Rida Ambiente e Saf, non abbia completamente chiuso il ciclo della biostabilizzazione del rifiuto”. La biostabilizzazione serve a separare la frazione umida del rifiuto da quella secca e dovrebbe durare 21 giorni, un tempo di attesa troppo lungo se si considerano i ritmi emergenziali con cui lavorano gli impianti del Lazio, soprattutto con la zavorra della Capitale, dove la raccolta differenziata è inchiodata al 44 per cento ed i Tmb di via Salaria e Rocca Cencia sono stati danneggiati dalle fiamme. “Il fatto che la Capitale, che è il maggior produttore di rifiuti della regione, non abbia una percentuale di raccolta differenziata elevata – spiega Valleriani – è la causa della situazione di sovraccarico sulle lavorazioni nei Tmb”. “Questa – denuncia Camilli – dovrebbe essere una discarica di rifiuti trattati, in realtà i materiali che scaricano sono ancora putrescibili e quindi emettono biogas e miasmi”.

Stando alle promesse del sindaco dem Pierluigi Sanna la discarica di Colleferro dovrebbe chiudere alla fine del 2019, ma sul traguardo pesa più di un’incognita. “Il sindaco – denuncia Camilli – dice che chiuderà la discarica in adempimento alla Legge Regionale n.17 del 2016, che però prevedeva come condizione per la dismissione la presentazione di un dettagliato piano di chiusura entro 60 giorni da parte di Lazio Ambiente Spa, sono passati tre anni e di quel piano non c’è traccia”.

“Cosa può succedere – si domanda invece Valleriani – quando chiuderà la discarica? Quali strategie alternative sono state messe in cantiere dalla Regione Lazio e dall’amministrazione capitolina per gestire il ciclo dei rifiuti? A sette mesi dalla presunta chiusura della discarica di Colleferro non sappiamo ancora dove andranno a finire i rifiuti trattati dai Tmb”. Insomma, se le cose rimangono così, con la chiusura, si rischia il caos.

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