Coronavirus

Il focolaio al San Raffaele portato dal falso negativo

Dal 4 giugno non è più possibile accedere alla struttura Irccs, dove oltre ad un decesso sono stati individuati 13 soggetti infetti. È in corso un'indagine epidemiologica per cercare di capire in che modo il virus abbia potuto diffondersi nel centro, nonostante le misure di prevenzione

Il focolaio al San Raffaele portato dal falso negativo

La clinica San Raffaele di Roma, sita in via della Pisana, si trova in isolamento a causa dello sviluppo di un focolaio di Coronavirus. Proprio quando i cittadini italiani pensavano di essersi lasciati l'incubo alle spalle e di poter finalmente ripartite, ecco arrivare la doccia fredda.

Sarebbero 13, al momento, le persone risultate positive al test del tampone faringeo, fra queste anche 2 operatori sanitari. Al numero dei contagiati si aggiunge purtroppo anche un morto. Del caso si stanno occupando le autorità sanitarie competenti: i pazienti infetti sono stati trasferiti in un centro specializzato nel trattamento di malati da Coronavirus, mentre la struttura sanitaria ubicata al Portuense è stata chiusa ed isolata.

Un vero choc per i romani ed il resto degli italiani, che proprio in questi giorni hanno visto i confini fra le regioni riaprirsi e riacquistato la possibilità di spostarsi senza autocertificazione.

Dopo la comunicazione della presenza del focolaio sono state subito prese le misure necessarie. Già da giovedì non sono state più affettuate accettazioni. Il centro Irccs, specializzato in riabilitazione motoria, neuromotoria e cardiologica non ha più fatto entrare i pazienti in attesa delle prestazioni. Tutto si è fermato, ed ora nessuno può accedere oppure uscire dalla struttura senza l'autorizzazione della Asl.

Gli agenti della polizia di Stato hanno subito cominciato a presidiare l'edificio, e l'altra sera si sono aggiunti anche gli uomini dell'Esercito. Lo scopo è stato quello di istituire una piccola area rossa attorno alla clinica, così da evitare una diffusione del contagio.

Stando a quanto riferiferito da "Il Messaggero", che si sta occupando di seguire la vicenda, a condurre l'indagine epidemiologica sono 6 team di medici dell'Unità speciale di continuità assistenziale regionale (Uscar). I sanitari hanno dichiarato di trovarsi di fronte ad un cluster definito "serio".

Tutti i casi di Coronavirus registrati all'interno della struttura sono stati confermati in seguito ad ulteriori esami, eseguiti anche post mortem nel caso dell'uomo deceduto. Oltre a ciò, sono state sottoposte al test del tampone faringeo altre 300 persone, fra pazienti e personale sanitario. Nei prossimi giorni saranno con tutta probabilità contattati anche gli individui dimessi dalla clinica nei giorni scorsi. Le autorità, infatti, hanno richiesto una lista con i nomi di coloro che sono stati ricoverati all'interno della struttura e nelle ultime due settimane sono ritornati a casa o hanno raggiunto altri centri per continuare le cure.

Al momento si cerca di capire in che modo il virus abbia potuto diffondersi nella clinica, che da tempo "ha predisposto le misure di prevenzione e contrasto al Covid, con percorsi separati di ingresso e uscita, sporco e pulito, ed in via sperimentale si stanno eseguendo tamponi", come dichiarato dall'azienda e riportato dal "Messaggero".

Secondo gli esperti, tutto sarebbe partito da un operatore sanitario asintomatico. Ma si parla anche di un paziente trasferito da un'altra struttura e risultato poi positivo. La paura, dunque, è che possa essersi trattato di un "falso negativo". Una problematica da non sottovalutare.

Stamani si è tenuto un vertice per fare il punto della situazione, ed all'incontro hanno partecipato il Servizio regionale per l'epidemiologia, sorveglianza e controllo delle malattie infettive (Seremi), che ha sede allo Spellanzani di Roma, e le autorità sanitarie locali e regionali.

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