Romano equilibrista rischia di inciampare sullo scalone del Polo

Sacconi: inaccettabile la sua idea di eliminarlo Il diktat dei sindacati: deve trattare con noi

da Roma

L’afflato europeista di Romano Prodi in politica estera rischia di subire una battuta d’arresto in campo economico. Tutto dipende dalle risposte che darà oggi a Palazzo Madama sulla riforma previdenziale. E non le attendono soltanto i senatori dell’opposizione, che hanno annunciato domande sull’argomento. Le aspettano la Commissione europea, il Fondo monetario, i mercati.
Nell’intervento sul voto di fiducia, il presidente del Consiglio non ha affrontato il tema della riforma delle pensioni, così come lo intende Joaquin Almunia. Il commissario Ue vorrebbe ascoltare dal governo di Roma parole chiare sulla piena applicazione della riforma Tremonti-Maroni (cioè sull’innalzamento dell’età pensionabile da 57 a 60 anni con 35 anni di contributi), ed il completamento della riforma Dini con la revisione dei coefficienti previdenziali. Finora, ha ricevuto solo risposte vaghe da Prodi e Padoa-Schioppa. «Prodi evita tutti i nodi che attendono l’azione di governo - commenta Maurizio Sacconi, senatore di Forza Italia -: dai Dico all’Afghanistan alla previdenza. Ma non si rende conto che la sua idea di eliminare lo scalone previdenziale è inaccettabile per l’Unione europea?».
Analoga insoddisfazione per l’intervento del premier viene sia da Renato Brunetta sia dal radicale Daniele Capezzone. «Il presidente è riuscito a non dire nulla», commenta l’eurodeputato azzurro.
Per il presidente della Commissione Attività produttive, i «silenzi» di Prodi «lasciano intatte le contraddizioni che hanno finora reso incerto il cammino della maggioranza e del governo. Le sue parole sulle pensioni sono state del tutto vaghe ed indeterminate». E non poteva essere altrimenti. Sono bastate alcune indiscrezioni sulle intenzioni del governo di mettere mano alle pensioni per scatenare l’opposizione del sindacato. Secondo le indiscrezioni, l’esecutivo puntava ad alzare da 57 a 58 anni l’età pensionistica; ma soprattutto puntava a rivedere i coefficienti di calcolo dell’assegno previdenziale, riducendoli. Da qui la netta opposizione sindacale. Opposizione che Pino Sgobio, capogruppo Pdci alla Camera, condivide. «La via maestra da seguire per qualsiasi discussione sulle pensioni - osserva - dev’essere quella del dialogo con il sindacato». E tanto per far capire a Prodi su che tipo di maggioranza può contare, il «dissidente» Turigliatto (che oggi voterà la fiducia a Prodi) anticipa che non voterà alcuna «controriforma delle pensioni, nemmeno con il voto di fiducia». Posizione che trova spazio nella sinistra estrema, dai Verdi a Rifondazione comunista. Da qui, la necessaria «vaghezza» di Prodi nella definizione di cosa intende per riforma del sistema previdenziale.
Sempreché oggi il presidente del Consiglio non decida di sciogliere la riserva sugli interventi previdenziali. La strada che ha davanti, tuttavia, è stretta.

Da una parte c’è il programma dell’Unione che chiedeva l’eliminazione dello «scalone» Tremonti-Maroni. «Scalone» che invece vuole Bruxelles. Dall’altra ci sono i sindacati che non sono più pronti a fare barricate per lo «scalone» se questo verrà sostituito dall’abbassamento dei coefficienti previdenziali.

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