Un romanzo contro l'oscurantismo e le assurdità di tutti i regimi

Un anno di celebrazioni dell'autrice ungherese tra libri e convegni

Un romanzo contro l'oscurantismo e le assurdità di tutti i regimi

Un anno intero di congressi, incontri, tavole rotonde per celebrare la grandezza di Magda Szabó, tra le più grandi scrittrici europee del '900. Rimasta vittima dell'oscurantismo sovietico, regime che ha combattuto in tutti i suoi romanzi e racconti con quella «grazia decisa» che solo le donne possiedono, ora sta iniziando a essere conosciuta da sempre più numerosi lettori italiani.

Grazie alla sua scrittura e alla capacità di rendere ogni episodio della propria vita, anche quello in apparenza più insignificante, metafora di una lotta esistenziale contro il totalitarismo comunista. E anche grazie alla casa editrice Anfora di Monika Szilagyi, che ha in catalogo quasi tutti i libri della Szabó: in uscita, con una nuova veste grafica Abigail e i racconti inediti e L'Affresco, pubblicati in collaborazione con il Consolato Ungherese Italiano, che ha contribuito anche a molti degli incontri dedicati alla scrittrice ungherese ad oggi più tradotta nel mondo.

E proprio da Abigail pubblichiamo in anteprima esclusiva un saggio della stessa Magda Szabó. Un affresco non si può che chiamarlo così data la maestria - perfettamente riuscito sulle assurdità delle dittature del Novecento. Perché al registro drammatico che caratterizza tutto il racconto, la Szabó riesce nell'opera più difficile per una scrittrice che vive in un regime: prendersene beffe. E così ci imbattiamo in scene comiche, d'ironia irraggiungibile (se pensiamo ai tempi e alla situazione): la vita quotidiana a scuola solo apparentemente normale, l'improvviso annuncio dell'invasione di Hitler (appresa dalla scrittrice durante un pranzo rivelatore), le diplomande costrette a fare l'esame di maturità in alta uniforme tedesca (per sentire ancora più inutile il proprio Paese).

Una violenza più psicologica che fisica: il non aver nessuna notizia di quel accadeva dentro e fuori dall'Ungheria, l'obbedire a ordini apparentemente insensati. Essere invasi nei territori e nelle coscienze quasi senza sapere perché. E la difesa. L'unica difesa possibile: «Una reazione ritardata» la chiama la Szabó.

Quella dei «ricordi». Mettere nero su bianco, il nero dell'inferno stemperato di una dittatura comunista, che forse ancor più di quella nazista, sembra aver obbedito in silenzio. Non cedendo le armi, ma la propria dignità.

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