Roncalli «buono», Pacelli «cattivo». Il futuro Giovanni XXIII sensibile, pietoso e collaborativo con gli ebrei; Papa Pio XII freddo, insensibile, silenzioso e autore di «documenti agghiaccianti». Questa consolidata vulgata è di nuovo al centro del dibattito negli Stati Uniti e in Israele. Allorigine del nuovo caso ci sono le ricerche della professoressa Dina Porat, la quale, sulla base dei diari inediti del segretario dellAgenzia giudaica per la Palestina, Charles Barlas, racconta di un dossier sui campi di sterminio i cosiddetti «protocolli di Auschwitz» recapitato a Roncalli, e di presunte critiche che lo stesso delegato apostolico a Istanbul avrebbe rivolto ai suoi superiori romani per il loro atteggiamento troppo tiepido verso i perseguitati. Sul Corriere della Sera dello scorso 25 novembre Alberto Melloni così sintetizza i fatti: «I protocolli raggiungono Istanbul dalla Svizzera il 23 giugno 1944, assieme a una relazione sul tragico destino degli ebrei ungheresi. Lindomani stesso Barlas ne porta copia a Roncalli: li traduce, glieli porge, ne annota la reazione (li ha letti fra le lacrime), e percepisce uninedita espressione di disappunto. Roncalli promette di farli avere al suo capo a Roma, annota Barlas, ma è chiaro che è a disagio per i suoi superiori il cui potere e la cui influenza è grande, ma che si trattengono dallagire... Però il 25 giugno Pio XII manda un telegramma pubblico al dittatore ungherese Horty, scongiurandolo di fermare le sofferenze di tanti esseri umani».
Questa stessa ricostruzione è stata rilanciata da vari giornali americani e israeliani nei giorni scorsi. Le cose stanno davvero così? Davvero Roncalli criticò Pio XII in quella occasione? Una risposta illuminante arriva da un documento inedito, una delle annotazioni dellagenda di Roncalli, in quel giugno 1944 ancora per pochi mesi delegato apostolico ad Istanbul. Una prima sorpresa è rappresentata dalla data: il prelato incontra Barlas il 27 giugno, non il 24. Un dato importante: attesta infatti che da Roma Pio XII intervenne in favore degli ebrei ungheresi prima della segnalazione di Barlas a Roncalli. Ancor più significativo è lappunto che Roncalli annota quel 27 giugno: «Nel pomeriggio ricevetti Barlas venuto per un S.o.s. da lanciarsi alla S. Sede per la salvezza degli ebrei di Ungheria. Poi ricevetti le due ebree sorelle Bivas... Mi resta in tal modo pochissimo tempo per le mie occupazioni intorno a ciò che più occorre: conti, rapporti, etc. Telegrafai al S. Padre esibendo la villa per le vacanze dei colleghi e ringraziandolo del discorso a Propaganda». Questo il testo fino ad oggi mai pubblicato che racconta dellincontro. Nei suoi diari Barlas, a detta delle anticipazioni finora rese disponibili, parla di un Roncalli commosso fino alle lacrime e critico con i suoi superiori. Dallagenda del futuro Papa, invece, sembra emergere che Roncalli ritenesse di aver dedicato perfino troppo tempo a quegli incontri che lo distoglievano dalle sue attività. Nessun accenno di commozione o di «disappunto». Attira invece lattenzione il fatto che il delegato scriva di aver telegrafato quella sera stessa a Pio XII, ma non faccia alcun cenno a dossier o a rapporti sulle persecuzioni ebraiche.
Unaltra illuminante citazione è di qualche giorno dopo, ed è stata resa nota da Marco Roncalli nel suo documentatissimo volume Giovanni XXIII. Una vita nella storia (Mondadori). Ecco che cosa annota il futuro Papa nellagenda l11 luglio, dopo un nuovo incontro con lesponente ebraico: «Fra le udienze doggi il sigr. Barlas e sigr. Eliezer Caplan del Comitato per gli Ebrei venuto di nuovo a ringraziare per lopera del S. Padre, dei suoi rappresentanti e mia a favore degli ebrei. Io però mi domando praticamente questopera soccorrevole a che cosa ha servito. Perlomeno dimostra che la carità di Cristo non si smentisce per mutare dei secoli. Ma la jattura del popolo ebraico è fatale. Ed essa finirà per travolgere anche il governo nazista oppressore. Degenere o no Israele è pur sempre il popolo di Dio. Che mistero! Il sangue di Gesù continua a cadere sopra di esso. Ma guai a chi lo tocca...». Questo annota Roncalli: ringraziamenti al Papa e ai suoi rappresentanti. Non critiche.
Il 18 agosto 1944, lo stesso delegato a Istanbul scriverà al rappresentante americano Hirschmann di non voler più «presentare altre istanze in favore del popolo ebraico in Ungheria» perché «il solo mezzo per far ciò è per il tramite della Segreteria di Stato pontificia e sembra certo che il Vaticano ha fatto e sta facendo del suo meglio». Dunque, dalle carte non emerge alcuna opposizione tra Roncalli e Pio XII.
«Ho studiato ogni riga delle agende, ho letto tutte le carte confida al Giornale Marco Roncalli e non ho mai trovato il seppur minimo accenno di critica verso Papa Pacelli». Emerge, invece, sintonia. Il futuro Giovanni XXIII era un uomo del suo tempo, e condivideva pure la contrarietà vaticana alla nascita di uno Stato ebraico in Palestina. Il 4 settembre 1943, aveva scritto alla Segreteria di Stato: «Confesso che questo convogliare, proprio la Santa Sede, gli ebrei verso la Palestina, quasi alla ricostruzione del regno ebraico... mi suscita qualche incertezza nello spirito... Non mi pare di buon gusto che proprio lesercizio semplice ed elevato della carità della Santa Sede possa offrire loccasione o la parvenza a che si riconosca in esso una tal cooperazione, almeno iniziale e indiretta, alla realizzazione del sogno messianico...». Roncalli nutre dunque gli stessi dubbi dei suoi superiori, i più stretti collaboratori di Pio XII, circa lopportunità di far emigrare un gran numero di ebrei in Palestina. Allo stesso tempo, però, proprio Papa Pacelli autorizzerà le azioni di Roncalli e di altri diplomatici vaticani in favore degli israeliti perché la salvezza delle vite umane veniva prima dei problemi di politica internazionale.
Il console onorario dIsraele a Milano, Pinchas Lapide, scriverà su Le Monde del 13 dicembre 1963: «Quando a Venezia fui ricevuto da Roncalli e gli espressi la riconoscenza del mio Paese per la sua azione a favore degli ebrei al momento in cui era in Turchia, egli mi interruppe ripetutamente per ricordarmi che ogni volta aveva agito per ordine di Pio XII».
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