Verrebbe da ripetere: campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo. Giusto per essere certi, sicuri che da dietro l’angolo non spunti il ricorso dell’ultima ora. Perché è davvero finita. Alle ore 20 e 40 di ieri sera, dopo una decina di ore riuniti a decidere, i giudici d’appello Fia, trattasi del governo dell’auto, hanno finalmente reso nota la sentenza. E meno male, perché data l’ora, data la lunga attesa, in molti, nel vario mondo rossovestito, cominciavano a temere che il grande ribaltone motoristico fosse alle porte: ovvero, mondiale alla McLaren, ad Hamilton, e un calcio nel sedere a Raikkonen e al Cavallino.
ERRORE PROCEDURALE. Invece no. Campione del mondo. La Ferrari vince punto e basta, dopo aver sofferto per la spy story, per i segreti sottratti, per Hamiltom prodigio impunito, le è toccato patire per il tentativo McLaren di far squalificare (per le benzine troppo fredde) Bmw e Williams dall’ordine d’arrivo del Gp del Brasile. Cosa che avrebbe potuto consegnare il titolo al team inglese. I giudici - un po’ lenti, per la verità - John Cassidy, americano, Vassilis Koussis, greco, Jose Nacedo E.Cunha, portoghese, e Jan Stovicek, ceco, la pensavano però diversamente: «La corte d’appello ha ritenuto inammissibile il ricorso della McLaren-Mercedes». Motivo? Un vizio procedurale: gli inglesi avrebbero dovuto avanzare una protesta ufficiale in Brasile, cosa invece non fatta. Campioni del mondo, dunque. La Rossa tira un sospiro di sollievo e si tiene stretto ciò che era già suo. Da Maranello, l’amministratore delegato della Ferrari, Jean Todt, dirà: «È stato respinto un ultimo, disperato tentativo di ribaltare il risultato della pista. La decisione della Corte pone finalmente termine ad una stagione molto intensa, sia in pista che fuori. Ora tutte le nostre energie saranno interamente concentrate sulla preparazione della prossima stagione».
Parole sacrosante, parole che arrivano dopo un’attesa e un ping pong logistico francamente imbarazzante. Corte d’appello prima convocata a Parigi e poi spostata a Londra, quindi le arringhe degli avvocati, quindi un gran sorrisone dei giudici (l’udienza era a porte aperte) e la ridicola sorpresa: «E adesso aggiorniamo tutto a Parigi». Come Parigi? «Sì, perché la decisione verrà presa là» questo il senso. Una barzelletta.
IL RETROSCENA. Se a Maranello sorridono, a Woking, sede McLaren, volano pensieri e si fanno i conti. Perché dietro quel continuare a dire «vogliamo solo un chiarimento» c’erano due obiettivi. Il primo, il più grosso, che avrebbe sbancato il tavolo era il titolo piloti; il secondo, quello alla portata se il ricorso fosse stato accolto, se Bmw e Williams fossero state squalificate - senza necessariamente toccare la classifica piloti - era economico. Perché la McLaren è stata, sì, cancellata dal mondiale costruttori, ma la sentenza seguita alla spy story prevedeva che i 100 milioni di dollari di multa comprendessero i mancati guadagni derivanti dalla posizione finale nella classifica costruttori. Avendo la McLaren virtualmente concluso il campionato marche al secondo posto (204 punti Ferrari, 203 McLaren), le spettavano circa 50 milioni di «sconto».
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