Piera Anna Franini
Rudolf Barshai, un musicista a tutto tondo. È direttore dorchestra, violista, compositore. Ma ancor prima: testimone e protagonista della vita musicale del secolo appena spento. Ha studiato composizione con ostakovic, ha conosciuto Prokofiev.
I segreti di bottega della direzione glieli ha passati Ilya Musin, al conservatorio di San Petroburgo. Ha suonato con Richter, Gilels, Oistrakh, Rostropovic. Il suo nome occupa, dunque, un intero capitolo della storia della musica russa. E la cosa non gli sfugge, ma come tutti i grandi vive questa consapevolezza con estrema semplicità e naturalezza.
Semmai è ben disposto a raccontare laneddoto di turno, del tipo: «Un giorno andai da ostakovit. Aprì la porta: era in pigiama e pantofole. Senti, mi disse, non hai mai suonato il quindicesimo Quartetto di Beethoven?». Ed è un ulteriore inanellarsi di racconti.
Questa sera alle 20.30, venerdì (19.30) e domenica (ore 16), Rudolf Barshai torna allAuditorium sui Navigli, alla testa di un esercito di centocinquanta musicisti, fra professori dorchestra e coristi. Sui leggii, la Terza Sinfonia di Gustav Mahler introdotta dai Cinque minuetti per archi D. 89 di Franz Schubert.
La Terza Sinfonia è un lavoro ciclopico (unora e 45 minuti di musica) che la Verdi affrontò già nel 2001 sotto la bacchetta di un mahleriano votato quale Riccardo Chailly. Mahler, compositore nelle corde di una compagine che nellottobre 1999 presentò a Milano la sua nuova casa, appunto lAuditorium, e il direttore stabile con la Seconda Sinfonia di Mahler. Poi è iniziata una dieta mahleriana prima sorvegliata dallallora direttore musicale, Chailly, e ora affidata a direttori in particolare confidenza con il musicista.
Il caso di Barshai sempre pronto a sposare le cause di giovani orchestre (poche settimane fa, a Parma è salito sul podio dellOrchestra Cherubini, il complesso perorato da Riccardo Muti). Ora Barshai torna a Milano con un autore che, spiega, «rappresenta linfinita sofferenza, illimitato amore per la vita e la bellezza, langoscia e la gioia del credere, la morte e la resurrezione».
Il tutto rispecchiato in questa Sinfonia che apre con un primo tempo che è una sorta di sinfonia nella sinfonia (circa quaranta minuti), inaugurata da squilli di corni. È poi un girovagare di frammenti che vanno a occupare tutto lo spazio libero per poi contrarsi e di nuovo dilatarsi fino ad aggregarsi su impulso della marcia.
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