Roma

Rugby e bambini down: in meta verso l'autonomia

Una scommessa vinta quella dell’Unione rugby capitolina, una società sportiva romana che nel 2006 ha cominciato, per la prima volta in Italia, a far giocare con la palla ovale i bambini con la sindrome di Down. «Una meta per crescere» è un progetto nato in collaborazione con l’associazione italiana persone down (Aipd), che ha dato e continua a dare risultati straordinari sui bimbi inseriti nella sperimentazione, accrescendone il senso di responsabilità, l’impegno e soprattutto l’autonomia. Ma è stato riscontrato dagli educatori e dagli allenatori che anche il resto del gruppo ha avuto dei miglioramenti, sia sul piano sociale che sportivo, dall’arrivo di compagni di squadra così «speciali» che come loro, solo con qualche difficoltà in più, lottano per la meta. E grazie a questi bambini, anche gli altri piccoli atleti imparano a conoscere e ad accettare la diversità. Hanno cominciato Federico, Luca e Martino nella stagione 2006-07. Oggi la squadra di miny rugby dell’Urc conta 8 bambini tra i 6 e i 12 anni con la sindrome di Down. L’obiettivo è di arrivare a 11, il numero massimo consentito. In campo sono come tutti gli altri: corrono per non farsi togliere l’ovale, placcano gli avversari se la palla ce l’hanno loro, si buttano nella mischia, rotolano nel fango quando si allenano in giornate piovose. E come per gli altri anche per loro arriva il momento delle trasferte fuori Roma, lontani da casa, dove rafforzano le amicizie e accrescono la propria autostima. Ogni ragazzo è accompagnato e seguito prima, durante e dopo l’allenamento da un educatore dell’Aipd, che collabora con l’allenatore e costituisce un punto di riferimento per la famiglia. I tutor sono l’ombra di questi bimbi, corrono con loro, li spronano se ce n’è bisogno, li stimolano a fare sempre meglio. Anche gli psicologi collaborano. E mensilmente lo staff che segue i piccoli rugbisti ne valuta i risultati e raccoglie il materiale necessario per rendere questa esperienza spendibile altrove. Grazie a questo sport i bambini con la sindrome di Down imparano a conoscere il loro corpo, ad accettare se stessi, le proprie potenzialità, e ad avere consapevolezza dei propri limiti.

E l’apprendimento continua anche fuori dal campo da rugby, negli spogliatoi, dove i ragazzi imparano a vestirsi e svestirsi senza aiuto.

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