Russia, Putin non molla il timone E' gelo tra Mosca e Washington

Non piace alla Rice l’intenzione dello zar Vladimir di restare al comando puntando alla carica di premier

Russia, Putin non molla il timone 
E' gelo tra Mosca e Washington

Il giorno dopo vola la Borsa e volano anche i sondaggi di Russia Unita, il partito di Putin. Il piano, che permetterà all’attuale presidente di conservare il potere anche alla scadenza del suo mandato al Cremlino, riceve un’accoglienza entusiastica in patria. Fuori molto meno. L’Unione Europea, come al solito, se ne lava le mani. L’annunciata nomina di Putin a primo ministro? «E’ un fatto interno». Ma Condoleezza Rice, di solito cauta, questa volta non si trattiene: «In Russia mi preoccupa la concentrazione dei poteri - dichiara il segretario di Stato Usa in un’intervista al New York Post -. E’ abbastanza ovvio che manchino contrappesi istituzionali: il Parlamento non lo è, la Duma nemmeno, i Tribunali non lo sono».
La Rice dice di credere al leader russo quando costui assicura di non voler cambiare la Costituzione, che però a questo punto non ha bisogno di modificarla. Nessuna legge vieta al capo dello Stato di assumere la carica di primo ministro; perché questo è ciò che intende fare lo stesso Putin nel marzo 2008. E nulla gli vieterà, nel frattempo, di trasferire molti poteri, oggi di competenza presidenziale, al capo del governo.

I giornali ieri mattina scrivevano che il Paese si appresta a essere meno presidenziale e più parlamentare, come paradossalmente proponeva il grande nemico di Putin, l’ex patron della Yukos Mikhial Khodorkovsky, prima di essere arrestato e spedito in galera. Ma si tratta solo di una coincidenza. La riforma, peraltro de facto, non è concepita nell’interesse del Paese, ma unicamente dello stesso Vladimir, che nel discorso dell’altro ieri ha anche indicato che il suo successore dovrà essere «una persona perbene, capace e moderna disposta a lavorare in squadra con lui». Insomma, un presidente fantoccio, che, salvo colpi di scena, risponderà al nome dell’attuale premier, il fedelissimo e sconosciuto Viktor Zubkov. Tra dicembre e marzo i due si scambieranno le funzioni, ma l’unico vero boss rimarrà Putin.

E agli Usa la prospettiva non piace. In Ucraina - Paese cruciale per il controllo dell’Eurasia - hanno vinto i filoccidentali della coalizione arancione e questo galvanizza la Rice, che può così permettersi di pungere Putin. Stavolta l’America non è sola. Anche il ministro degli Esteri francesi Bernard Kouchner ha criticato gli ultimi sviluppi moscoviti, definendoli «un metodo originale per conservare il potere» ed evidenziando come a Mosca «l’opposizione non sia presa sufficientemente in considerazione e incontri molte difficoltà»; con chiaro riferimento a Garry Kasparov, l’ex campione del mondo di scacchi, che proprio domenica ha annunciato la candidatura al Cremlino, sebbene il suo movimento sia accreditato solo del 3% nei sondaggi.

Considerando che Zhirinovsky, sebbene formalmente indipendente, è schierato con Putin, di fatto oggi in Russia l’unico partito davvero ostile al Cremlino è quello comunista, che alle legislative di dicembre è accreditato del 10%. Le altre formazioni, soprattutto quelle liberali, non sembrano in grado di superare lo sbarramento del 7%. I giornali ieri mattina pronosticavano l’imminente scomparsa di Russia Giusta, il partito creato dal capo del Senato, Serghei Mironov, quale contraltare moderato a Russia unita, e che oggi è diventato improvvisamente controproducente.

Da quando, due giorni fa lo stesso Putin ha dichiarato la sua candidatura come capolista del partito, le priorità sono cambiate. Non vuole solo vincere, vuole trionfare per ottenere in Parlamento una maggioranza così ampia da permettergli eventuali modifiche costituzionali. È bastato il suo annuncio per mandare alle stelle i consensi di Russia Unita, che in 48 ore ha rotto la barriera del 50% e ora è accreditata dai sondaggi a quasi il 60% delle preferenze.

Percentuali impressionanti, percentuali da partito unico. Come ai tempi dell’Urss. E forse non è un caso che il Partito abbia scelto come simbolo l’Orso, di sovietica memoria. Nella Russia di oggi Putin può fare tutto quel che vuole.

Potrebbe anche dimettersi subito, nominare presidente ad interim Zubkov, che nel giro di pochi giorni si ammalerebbe provvidenzialmente per permettere a Vladimir di tornare a marzo legalmente al Cremlino. E’ l’ipotesi, apparentemente fantascientifica, formulata da Kommersant. Ma a Mosca nessuno si meraviglia più di nulla.
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