«Sì, le parentele esistono ma in 30 anni è fisiologico»

Parla il rettore Giovanni La Torre: «Prima di gettare fango bisogna verificare le procedure dei concorsi»

Nostro inviato

a Cosenza

Professor Giovanni La Torre, lei è rettore dell’università di Cosenza: vuole spiegare che cosa sta succedendo?
«Da qualche giorno circola questo documento. Voglio si sappia una cosa: è una lettera anonima, né più, né meno. Il Comitato Etica è fantomatico. Non esiste. Se poi sia un’associazione segreta, questo non posso saperlo».
Censurato il metodo, resta la questione dei tanti parenti in organico. Tutto vero.
«Paradossalmente, anche nell’epoca dell'autonomia, l’università in quanto istituzione non ha un gran controllo sulle procedure di reclutamento».
Che impressione le fa leggere la lista dei nomi e delle parentele?
«A parte il metodo odioso, il documento non dice bugie. Però è mistificatorio tacere l’arco di tempo coperto dal fenomeno: si parla di trent’anni. Dico questo: in trent’anni, una quarantina di “parenti” su un organico di 700 insegnanti mi sembra fisiologico».
Esclude irregolarità?
«Posso assicurare solo una cosa: per come sono fatto, quando ho sentore che ci siano atti sospetti, mi rivolgo subito alla procura. In casi come questo, prima di gettare fango su persone e sull'intera università, bisognerebbe verificare bene che le procedure dei concorsi siano irregolari».
Le risulta che la magistratura si stia muovendo? Prova imbarazzo?
«Guardi, sono sincero: non trovo per niente strano che un figlio decida di seguire la carriera del padre. Succede in tutte le professioni, mi pare: architetti, avvocati, giornalisti. Dunque, calma...».
Però se il papà fa di tutto per imbucare moglie e figli in un ente pubblico, è un po’ diverso.
«Posso dirle che io non ho alcun parente, in Università. Preferisco evitare. Di fronte all’eventualità, mi regolerei in un certo modo. A scanso di equivoci... Ma questa è una posizione personale».
Amarezza per i veleni nel suo ateneo?
«Tanta. È un clima che getta discredito su tutti, mettendo a rischio il duro lavoro per rafforzarci in questo territorio, dove notoriamente le istituzioni sono già abbastanza fragili».
Come rimediare alle maglie larghe dei concorsi?
«La mia opinione sui concorsi attuali non è positiva. Adesso, ogni università si fa un concorso suo. Troppa autonomia.

Per fortuna, presto si torna indietro: con la riforma, la Moratti ha deciso per l’accentramento. Ripristinare i concorsi nazionali crea certamente qualche problema, come la cadenza e la lentezza, ma ha un grosso pregio: spazza via i dubbi e svelenisce il clima. Se ne ha un gran bisogno».

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