Sì del Senato, il proporzionale ora è legge

Premi di maggioranza e sbarramenti differenziati. «Riserve» per le minoranze linguistiche e liste bloccate

Adalberto Signore

da Roma

Dopo dodici anni e oltre cinquemila votazioni esce di scena il sistema elettorale maggioritario e si torna al proporzionale. Una decisione sancita ieri dal Senato che ha approvato la riforma con 160 sì, 119 no e sei astenuti. E che ora deve essere ratificata dalla firma del capo dello Stato, questione su cui negli ultimi giorni si è aperto un vero e proprio scontro tra maggioranza e opposizione. Un muro contro muro andato in scena anche ieri nell’aula di Palazzo Madama, durante le dichiarazioni di voto che si sono susseguite dalle nove di mattina fino a dopo le undici. Perché se per la Casa delle libertà questa riforma «consolida il bipolarismo, garantisce la stabilità e consente all’elettore con un solo voto di scegliere la maggioranza e il premier che dovranno governare il Paese», secondo l’Unione non è altro che un modo per «truccare le carte» e «arginare una sconfitta annunciata colpendo la stabilità della maggioranza e la governabilità».
Proporzionale. Polemiche a parte, però, quel che ormai pare quasi certo - anche perché il Quirinale non sembra affatto intenzionato a rinviare la legge alle Camere - è che alle prossime elezioni politiche si voterà con il proporzionale basato sulle attuali 27 circoscrizioni. Le liste saranno bloccate e i seggi verranno quindi assegnati in base all’ordine di precedenza.
Premio di maggioranza. Salvo quelli assegnati alla circoscrizione estero, la ripartizione dei seggi è effettuata con il proporzionale e con un premio di maggioranza nazionale per la Camera e regionale per il Senato. A Montecitorio, quindi, alla coalizione vincente verranno assegnati, nel caso non li ottenga, 340 seggi su 630. A Palazzo Madama, invece, il premio di maggioranza attribuisce alla coalizione vincente il 55% dei seggi assegnati alla regione.
Sbarramenti. Sono previste tre soglie di sbarramento nazionali per la Camera: una del 10% per le coalizioni, una del 4% per le liste non coalizzate e una del 2% per quelle coalizzate. È stata poi introdotta la cosiddetta «salva Moroni» che prevede che partecipi al riparto dei seggi anche la lista collegata che ha ottenuto il miglior risultato pur non superando il 2%. Per quanto riguarda il Senato, invece, le soglie di sbarramento sono regionali: del 20% per le coalizioni, dell’8% per i partiti non coalizzati e del 3% per quelli coalizzati (ma non è previsto il «ripescaggio»). Nelle regioni a Statuto speciale, la lista delle minoranze linguistiche accede al riparto dei seggi superando il 20%.
Capo coalizione e programma. Al momento del deposito del contrassegno, le liste - «fatte salve le prerogative» del Quirinale - indicano «il capo della forza politica». I partiti collegati in coalizione e che si candidano a governare, inoltre, presentano un unico programma elettorale nel quale dichiarano nome e cognome della persona «da loro indicata come capo della coalizione».
Esonero raccolta firme. Sono esentati tutti i partiti con un gruppo parlamentare alla Camera o al Senato ma anche quelli collegati ad almeno due di essi quando abbiano almeno un seggio all’Europarlamento.

Per le minoranze linguistiche è sufficente avere almeno un seggio in Parlamento.
Schede e simboli. Ci sarà una scheda per la Camera e una per il Senato. I simboli saranno più grandi e avranno un diametro di tre centimetri.

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