Sadismo e lussuria chiusi in collegio femminile

Grazie al cielo, ai recensori i romanzi li porta il postino, nascosti in involucri più o meno coriacei. Si va dai pacchi blindati della Mondadori, scuri parallelepipedi di cartone che si arrendono solo al taglierino e alla forbice, al velame dei plichi Minimumfax che si aprono con due dita, come le bustine di zucchero del bar. Ma si tratta comunque di imballaggi impenetrabili allo sguardo, sicché nessuno saprà mai che il romanzo del quale ci accingiamo a scrivere è vietato ai minori di diciotto anni, di nome e di fatto.
Un libro qu’on lit d’une seule main, gongoliamo compulsandone le prime pagine. Ecco invece subito un intoppo, non appena la piccola Desdemona inizia a raccontare le sue prodezze: «Poteva succedere quasi svenissi in preda all’ebbrezza, e alle volte per non essere udita da ignari passanti, ero costretta a tapparmi la bocca con uno strobilio». Uno strobilio? Sbuffiamo, infastiditi; la mano retta seguita a stringere il volume, mentre quella del diavolo è costretta a sfogliare il vocabolario. Scopriamo allora che «strobilio» (o «strobilo») significa «pigna». Troppo tardi, l’incanto è rotto. D’ora in poi procederemo con cautela. Non vorremmo che una glossa ci andasse di traverso.
V.M. 18 di Isabella Santacroce (Fazi, pagg. 491, euro 17,50) segue i passi di un’adolescente rinchiusa dai ricchi genitori in un collegio femminile. La lussuriosa protagonista approfitterà dei beati mesi senza castigo che l’attendono per sedurre le altre ragazzine, ma anche le insegnanti ed infine gli allievi del vicino conservatorio di musica: personaggi fuoriusciti da un gradevole sottobosco mitologico e cretese (i giovani amanti Creonte e Minosse, la direttrice Andromaca...) che in fondo i numi tutelari del romanzo, Lewis Carroll e De Sade, avrebbero potuto accogliere, così come forse avrebbero approvato la tecnica seriale, che farà sobbalzare i lettori, di riprodurre ne varietur gli stessi passi a distanza di poche pagine.
Il risultato è un disinvolto capitolo di letteratura erotica contemporanea, pieno di «lasciatemi divertire» e di ammiccamenti al fumetto, di puntualizzazioni pseudoscientifiche e di invenzioni «prendere o lasciare»: pensiamo alla preparazione e agli effetti del potentissimo «Cocktail Reietto» che le educande bevono per concedersi dei trips a buon mercato, o all’«Acido Viperinico Liquido» che le medesime si iniettano negli occhi. Quanto alla prosa che tanto piaceva a Garboli, dispiega un’affettazione isterica pour cause la cui artisticità è, deliberatamente, un eufemismo, così come tengono dell’eufemismo le «foto artistiche», se a posare nude sono ragazze di buona famiglia. In altre parole, alla fine tutto tiene.

Peccato solo che a volte («procrastinandola allo scadere delle norme ancora vigenti», leggiamo in una pagina) l’incalzante pragmatismo sadiano precipiti nell’italiano burocratico, trasformando l’eteroclito caleidoscopio della Santacroce nell’Antilingua dei questurini di Calvino.

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