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Sakineh non verrà lapidata: per lei è già pronta la forca

Drammatico annuncio dall'Iran. Un procuratore islamico vicino a Khamenei afferma che l’impiccagione prevista per l’omicidio del marito "prevale sulla condanna per adulterio"

Secondo Gholam-Hos­sein Mohseni-Ejei, procurato­re degli ayatollah, Sakineh non sarà ammazzata a colpi di pietra, ma impiccata. Forse i duri e puri del regime vogliono spacciarlo per un gesto di 'buon cuore'. Nonostante le smentite del ministero degli Esteri iraniano, il figlio della di­sgraziata in attesa del patibolo teme che la condanna a morte venga eseguita entro due setti­mane. L'aspetto più assurdo del ca­so di Sakineh Mohammadi Ashtiani è che l'Iran sia riusci­to ad infilarsi, pochi mesi fa, nella Commissione delle Na­zioni Unite che si batte per i di­ritti delle donne in tutto il mon­do. Ieri il giornale della capitale, Teheran Times , ha pubblicato le dichiarazioni del procurato­re Mohseni-Ejei, che spiega in punta di diritto: «Lei è stata condannata per l'omicidio del marito, che ha la priorità sulla condanna accessoria che è quella riguardante l'adulterio. La questione non deve essere politicizzata, così come il giu­dizio non deve venir influenza­to dalla campagna propagan­di­stica lanciata dai media occi­dentali » sostiene il procurato­re degli ayatollah. Il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Meh­manparast, si è affrettato a tira­re il freno a mano annuncian­do che «il procedimento lega­le è a­ncora in corso e non è sta­ta emessa una sentenza defini­tiva su nessuno dei due capi di imputazione». Il botta e risposta fra procura­tore e governo fa emergere il braccio di ferro che si nascon­de dietro al caso della donna di 43 anni, in galera da quattro. Mohseni-Ejei è un hojjatole­slam, un magistrato con il tur­bante religioso, vicino alla gui­da suprema Alì Khamenei. Il presidente iraniano, Mah­moud Ahmadinejad, ha recen­temente smentito che Sakineh sia stata condannata a morte con sentenza definitiva. Una mossa per ribadire il potere lai­co del suo governo in rotta di collisione con l'ala religiosa guidata da Khamenei. Sajjad Ghadarzadeh non cre­de molto al gioco della parti e teme che la madre venga giu­stiziata nel giro di due settima­ne. Per questo motivo ha rivol­to, ieri, un nuovo appello acco­­rato: «Chiediamo all'Italia di intervenire per salvare mia ma­dre ». E Maurizio Massari, por­tavoce della Farnesina, ha di­chiarato: «La procedura legale è ancora in corso, comunque auspichiamo fortemente che la condanna alla pena capitale possa essere rivista». Il paradosso è che la scorsa primavera, quando comincia­vano ad accendersi i riflettori su Sakineh, la diplomazia ira­niana otteneva l'ennesimo seg­gio in una commissione dell' Onu, secondo una strategia che punta ad allentare l'isola­mento internazionale di Tehe­ran. Stiamo parlando della Commissione per lo status femminile, dove l'Iran ha con­quistato un posto a fine aprile, per quattro anni. Nonostante Teheran preveda la lapidazio­ne per le adultere, il velo sia un obbligo e applichi leggi islami­che discriminanti per le don­ne. Ovviamente la commissio­ne si batte per i diritti del gentil sesso e la sua attività confluirà nella 'UN women', la nuova struttura presieduta dal 2 lu­glio dall'ex presidente del Cile, Michelle Bachelet, con l'impe­gno di garantire l'uguaglianza fra i sessi e aumentare il potere delle donne. Non solo: Teheran è uno dei 36 membri del'Undp, la gran­de agenzia per lo sviluppo del­le Nazioni Unite. Lo scorso an­no gli iraniani avevano ottenu­to la presidenza della struttura creata per sviluppare «i siste­mi di governo democratici» e «incoraggiare la protezione dei diritti umani e la valorizza­zione delle donne». Le con­traddizioni degli ayatollah all' Onu riguardano anche altre agenzie. Nel 2011 Teheran sa­rà vicepresidente dell'Opcw, l'organizzazione per la messa al bando delle armi chimiche. L'Iran ha un arsenale di que­sto genere, che minaccia di lan­ci­are su Israele in caso di attac­co. I rappresentanti iraniani hanno un posto anche all'Uno­dc, l'agenzia per la lotta alla droga ed al crimine. Un proble­ma che in Iran risolvono con impiccagioni pubbliche dei narcotrafficanti. Discorso ana­logo con l'Unicef, che si batte per salvare i bambini, dove Teheran fa parte del comitato esecutivo. Peccato che in Iran sembra siano un centinaio i condannati a morte per reati commessi da minorenni.
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