Giancarlo Perna
«Sono qui per l'intervista», dico alla collaboratrice di Mario Pescante, sottosegretario di Forza Italia ai Beni culturali con delega per lo Sport. «È disdetta. Mi dispiace», replica la signora. Barcollo e sto per fare una scenata. La briccona se la gode un mondo e dice ridendo: «Ho scherzato. Il sottosegretario l'aspetta» e mi porta da lui. «Simpatica», penso mentre andiamo, «non è il solito mortorio ministeriale».
Pescante si inchina teatralmente, giocherellone come la segretaria. Poi liquida due signori con cui compilava la lista degli invitati a un party per le Olimpiadi di Torino. «Allora - riassume ai due sulla porta - non più di quattro politici. Ma in testa Gianni Letta. L'impagabile, l'inarrivabile... ».
«... l'imprescindibile, l'immarcescibile», suggerisco.
«Senza Letta nulla sarebbe possibile. È il mio referente oltre che compaesano di Avezzano», dice, appena soli, l'ex presidente del Coni passato alla politica. Siede e incrocia le gambe da trampoliere. È un tipo alto e un po' rigido, tipico degli atleti over 60. Mezzo secolo fa era campione italiano studentesco dei 1000 metri.
«Bello qui. Chi è il papa?», gli dico, ammirando il quadro prelatizio alle sue spalle e la stanza ampia più della media sottosegretariale.
«Non so. Me l'ha messo l'ex sottosegretario, Vittorio Sgarbi, l'inesauribile, l'incredibile... ».
«L'incontenibile, l'irrefrenabile... », dico alimentando il superlativismo pescantiano.
«Tutto l'arredamento è opera di Vittorio. Per farsi perdonare di essersi accaparrato lo studio di là, il più bello del ministero», dice Pescante, viso affilato e aspetto da plenipotenziario. Ha un elegante gessato scuro, fazzoletto nel taschino, ampia fronte e un residuo di capelli ventosi da charmeur.
«Vedo foto con Clinton, Blair, Wojtyla. Tappe della sua vicepresidenza al Comitato olimpico?», mi impiccio.
«Tengo molto alle foto. Soprattutto alle due che non ha citato. Con Arafat, quando ho insediato il Cio in Palestina, immettendo i palestinesi nel circuito olimpico. E questa in Afghanistan, con Massud, poi assassinato. È nata lì la decisione di fare inaugurare alla squadra afghana le Olimpiadi di Atene del 2004. Sport uguale pace», dice tutto orgoglioso.
«Ce l'ha fatta anche con le Olimpiadi di Torino, dopo la sua nomina in extremis a supervisore», dico.
«Il fallimento era alle porte per le baruffe chiozzotte tra Toroc, il Comitato organizzativo, e resto del mondo. C'era un buco di 230 milioni di euro».
«Poi è arrivato Mandrake».
«Ho riportato concordia. Erano così consapevoli del pasticcio da chiedere a gran voce l'intervento del governo».
«Torinesi pasticcioni?».
«Supponenza e provincialismo, soprattutto del Toroc. Ho azzerato i vertici. Bravo invece il sindaco Chiamparino. Il governo, per fiducia a me, si è accollato 130 milioni del debito. In tutto, ha sganciato tremila miliardi di vecchie lire».
«Demenziale, raccapricciante, suicidario», dico pescantianamente.
«Opere olimpiche a parte, Torino si è fatta nuova. Non aveva avuto un intervento simile dall'Unità».
«I ds Chiamparino e Mercedes Bresso, presidente del Piemonte, moltiplicano trionfali conferenze stampa. Si prendono il merito e manco un grazie al governo della Cdl», provoco.
«Domani sarò a Torino con Letta per segnare il territorio e ricordare quanto ha fatto il governo. Inauguriamo lo stadio per la cerimonia di apertura».
«Ma resta tanto da fare».
«È disinformato. L'ultima opera, lo Stadio del ghiaccio, sarà inaugurata il 12 dicembre. Finiamo con un mese di anticipo. Mai successo in un'Olimpiade. Strabilieremo il mondo».
«Bum».
«C'è un sistema Italia che funziona, signor giornalista. Siamo specialisti nel darci martellate sui co... Quando Roma fallì per un soffio la candidatura delle Olimpiadi 2004, Jas Gawronski scrisse sull'Herald Tribune: L'Italia non è in grado di organizzare un'Olimpiade. Assurdità che gridava vendetta».
«La perdita di Gianni Agnelli si è sentita?».
«Francamente, no. Il ruolo dell'Avvocato era importante, ma ci siamo impegnati in molti».
«L'Italia ha l'Olimpiade. Non i campioni per vincerla», dico.
«È mezzo secolo che sento questa solfa. Ma vinciamo sempre. Non faremo la messe di medaglie di Atene, ma neppure le comparse», dice. L'ora è tarda, le segretarie sono andate via e Pescante risponde da sé al telefono. Con la scusa dell'intervista è fulmineo. Ma il tempo stringe.
In tv nient'altro che calcio e automobilismo. Gli altri sport, zero.
«Però hanno un seguito tra la gente e saliamo sul podio. Colpa dei mass media se non percepiscono altre realtà. La tv, purtroppo, insegue l'audience. Ma la carenza mostruosa è nella scuola che non crede allo sport come palestra per la formazione dei ragazzi».
Neanche Letizia Moratti?
«Stendiamo un velo pietoso. Volevano togliere anche l'ora di educazione fisica, recuperata in extremis. Ma non è tanto la Moratti, quanto la dirigenza ministeriale. Abbiamo una scuola ginnasiarca».
Ginnaché?
«Alle elementari ci si limita a una specie di ginnastica gestuale da mimi graziosi. L'agonismo è visto come la peste».
Invece?
«Gareggiando, il giovane impara il rispetto delle regole, a non abbattersi nella sconfitta, a non essere gradasso nella vittoria, a sacrificarsi per una maglietta o per un secondo posto. Sono esperienze della vita quotidiana. È lo sport che le insegna, non l'algebra».
Io a scuola facevo un sacco di gare.
«Non più. Negli anni Sessanta, i famigerati decreti delegati sciolsero i gruppi sportivi scolastici. Tutto parte da lì».
Il Coni dovrebbe darsi da fare.
«Le resistenze delle autorità scolastiche sono enormi. Immagina la frustrazione di un ragazzo che perde?, mi ha detto affranto un dirigente dell'Istruzione con cui ho affrontato il discorso. Fobie culturali».
Pace. L'Italia ospiterà gli «europei» di calcio nel 2010. Gli stadi però sono pessimi.
«I nostri stadi sono ispirati al Colosseo. Belli da vedere, ma inadatti. All'estero, sono palazzi con ristoranti, negozi per la vendita di gadget ecc. Contengono spazi per varie discipline, non solo il calcio. Da noi, sono troppo ampi e non si vede niente. La tv ha cambiato tutto».
Ossia?
«La maggioranza dei tifosi guarda il calcio in tv. Gli spettatori dal vivo sono una piccola minoranza. Gli stadi dovranno essere ridimensionati, come è successo con le sale cinematografiche».
Dopo le spese pazze per i Mondiali '90, volete ricominciare?
«Tocca farlo. Il fenomeno calcio è così diffuso da essere un problema sociale. Faremo mutui agevolati per nuovi stadi col contributo dello Stato sugli interessi».
Ora lei è passato a destra...
«Mi considero di centro. Lo sport è contro gli estremismi».
Comunque nel '97, da presidente del Coni e con Roma candidata olimpica, era in amorosi sensi col sindaco Rutelli.
«Anche con Veltroni ministro del settore: era il comune impegno per i Giochi di Roma. Però, mai stato di sinistra. Votavo Pri. Ho visitato i paradisi comunisti, Urss, Cina, Cuba. La gente diceva: Ci impongono tutto. Siamo tubi digerenti. Ma l'anticomunismo viscerale me l'hanno indotto i dirigenti Pci che tornavano dall'Urss dicendone meraviglie. Imbevuti e in malafede».
Folgorato dalla politica dopo le sue dimissioni dal Coni per lo scandalo delle analisi antidoping truccate?
«Fu un trappolone. Mi ci hanno infilato come si faceva in Urss quando si doveva cacciare qualcuno. Il ministro vigilante dell'epoca era il ds Veltroni. In ogni modo, non sono entrato in politica subito, ma ben tre anni dopo».
Perché ha scelto Forza Italia?
«Rapporto personale con Gianni Letta».
Il governo del presidente del Milan ha fatto più di altri per lo sport?
«Nessuno ha fatto altrettanto in mezzo secolo. Ha assicurato 450 milioni l'anno al Coni e lo ha liberato dalla legge della ds Melandri che ne aveva fatto un'assemblea dei Ciompi. Ha detassato le società sportive. Ha dato con la legge Onesti un vitalizio ai campioni indigenti sul modello della Bacchelli per gli artisti».
Se lo sport avesse un ministero tutto suo?
«Una tragedia: si scatenerebbero gli appetiti dei politici. L'ideale sarebbe una mezzadria tra Palazzo Chigi e Istruzione».
Alalà a parte, se tornassimo al sistema sport del fascismo?
«Un bluff. Si insegnava sport solo per beotare il Duce nel saggio dimostrativo».
I partiti più attenti allo sport?
«Dal lato sociale, sinistre e cattolici: Uisp, Centro sportivo, Libertas. Da quello agonistico, la destra con la Fiamma. Ma nessuno si è battuto per lo sport nella scuola».
In che l'ha delusa il governo del Cav?
«Non ha saputo dire le tante cose che ha fatto. Fi doveva organizzare un porta a porta, non quello tv, ma tra la gente. L'assenza del partito ci è costata moltissimo».
Cosa pensa del Cav?
«Appartengo alla schiera degli ammiratori. Non so come faccia a fare discorsi di ore senza uno straccio di appunto. Ha in testa un laboratorio che strabilia. Un fuoriclasse. Inoltre ha un'umanità insolita in un politico e unica in un riccone».
Lei è navigato.
«Navigato, sì. Ma non per tradire. Semmai, alla veneranda età di 67 anni, per andarmene in giro con la mia barca».
Se vince Prodi che si aspetta di buono?
«Col pateracchio di partiti che ha, non durerà un anno».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.