Cosa attraversa la mente di un artista della Magna Grecia che si applica al più eroico dei santi cristiani, il guerriero San Giorgio, e lo sovrappone al comandante della guardia celeste, San Michele arcangelo?
Cosa lo induce ad affrontare la leggenda del più romantico e cavalleresco santo per alterarne la iconografia?
Il cavaliere e il drago. E anche il drago non è più il drago, per Girolamo Ciulla (nato a Caltanissetta nel 1952), ma un coccodrillo, altrettanto minaccioso ma quasi domestico, nella quiete in cui si dissigilla. Dobbiamo dunque chiederci, preliminarmente, perché non San Giorgio e il drago, ma San Michele e il coccodrillo.
Quale alterazione della memoria e della leggenda agita la fantasia di Ciulla?
Cosa vuole dirci? Probabilmente è soltanto un deformato assorbimento della educazione religiosa nelle chiese di Sicilia, tra Caltanissetta e Modica, dove ha visto angeli volare. Molto in alto, appollaiati sugli altari. Stucchi a Castelvetrano, stucchi ad Agrigento, stucchi a Palermo. Angeli bianchi, anzi trasparenti come nei fondi oro di Gentile da Fabriano, milizie celesti. E però la forza di Ciulla risale alla Magna Grecia, alle metope di Selinunte. E prima dell'Efebo di Mozia, esattamente al tempo dell'Auriga di Delfi, di stanza in Grecia ma concepito a Gela, proprio negli anni della formazione ideale di Ciulla, verso il 475 a.C. Lo chiamiamo stile severo, e Ciulla lo interpreta alla lettera: severo, asciutto e sensuale, lineare come le pieghe dei cinque aurighi che egli ha concepito per accompagnare nella gara il loro archetipo, tutti e sei pronti alla corsa. Anche la corsa è un volo, verso una meta, verso la vittoria.
Deve averci pensato, Ciulla, se mettere le ali anche ai suoi aurighi, inviati alla gara dell'esposizione universale di Milano. Poi si è trattenuto. Da quando, una notte d'estate, ha sognato San Giorgio, e quello gli è apparso con le ali, non c'è più stato verso di farlo tornare cavaliere. Piuttosto, ha pensato Ciulla, rinuncio al cavallo, alle ali no. Le ali sono il cavallo di San Giorgio direttamente trapiantate dall'Ippogrifo. Altro sogno, altra visione. E quelle ali danno al santo guerriero una forza nuova, la certezza di vincere. L'invulnerabilità: esse sono anche corazza, scudo.
Compito della critica è tentare di interpretare, certo non correggere; anche davanti alla palingenesi, alla ricreazione di un mito, così come abbiamo tentato di interpretarlo. Nuovi miti aggiungono al mondo greco, nell'arco di cent'anni (1916-2016), due artisti: Giorgio de Chirico e Girolamo Ciulla. Indifferenti alle tradizioni e alle leggende proclamate, essi ne inventano di nuove. Non interessa loro trascrivere, tradurre in immagini, ma sognare e avere la visione del Mito. Ciulla è impavido, e ciò che sogna fa reale, trasforma in pietra, in una pietra bianca, intrinsecamente colorata, anzi rosata, dorata, come il travertino consente. Ciulla sembra accompagnare il colore della pietra con essenze vegetali, natura aggiunta a natura. Nel rappresentare il suo San Giorgio alato non gli importa l'azione, ma piuttosto la contemplazione. Si agita nella sua mente, in una contemporaneità senza tempo, anche l'immagine della Malinconia di Dürer, anch'essa alata, ferma a guardare, innanzi a sé, il suo e il nostro destino.
In queste condizioni l'elaborazione di Ciulla non è artificio o capriccio, ma rappresentazione psicologica della concentrazione dell'eroe, che contempla il suo destino, ovvero lo prefigura, dominando in un solo momento il drago-coccodrillo che sta sotto di lui, addomesticato come già lo aveva immaginato Paolo Uccello. Quanto a San Giorgio, non è il primo che è dominante, ma non in posizione di combattimento. Così già lo aveva concepito Donatello per Orsanmichele. Eretto, appiedato, con lo scudo tra le gambe, fiero nello sguardo, propriamente un angelo. Anche in Donatello San Giorgio assomiglia a San Michele arcangelo. Tutto questo interpreta e rende esplicito, nella sua «leggenda nuova», Ciulla, lavorando con il pensiero e con la mano. E se la base della scultura è il disegno, egli elabora, con il suo «stiacciato», la tecnica nuova di disegnare sulla pietra, e la sua linea si fa volume. Sulla superficie interviene la luce da cui origina la forma. E il racconto procede di lastra in lastra, senza azione.
Dove si nasconde la principessa? In quale sogno di San Giorgio? O in quale sogno di Ciulla, che
l'ha rapita per sé? Noi sappiamo che il suo San Giorgio contemplativo non è inerme, ma agitato dentro, pronto al combattimento e certo del proprio destino vittorioso. D'ora in avanti sarà difficile immaginarlo senza le ali.
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