Sangalli: «Contro la crisi tredicesime detassate»

RomaLa grande depressione è stata evitata e siamo al giro di boa. Ma per aiutare il Paese a uscire dalla crisi, evitando pericolosi colpi di coda, serve una ricetta fatta di sostegno sia della domanda sia dell’offerta: taglio dell’Irap sicuramente, ma anche la detassazione delle tredicesime. Alla vigilia delle feste, Confcommercio fa una valutazione dello stato del settore. E rilancia la proposta per una riduzione «parziale e selettiva» degli oneri sulla tredicesima. La confederazione guidata da Carlo Sangalli ha anche illustrato un’ipotesi di detassazione, valutando il costo.
Le tredicesime da detassare, secondo Confcommercio, potrebbero essere quelle di chi percepisce un reddito fino a 75mila euro. La quota di detassazione dovrebbe variare dal 100 per cento, per i redditi fino a 15mila euro, al 10 per cento per la fascia da 55mila a 75mila euro. Il beneficio sarebbe così inversamente proporzionale alla ricchezza delle famiglie: dai 218 euro medi per gli scaglioni più bassi a 158 euro per i più ricchi. Il beneficio medio sarebbe di circa 200 euro. Il costo complessivo è di 5,47 miliardi, che sarebbero redistribuiti tra 27,3 milioni di persone. Confcommercio suggerisce implicitamente una possibile copertura: i proventi dello scudo fiscale. Il taglio delle tasse sulla tredicesima, secondo Sangalli, è una «misura straordinaria e, dunque, con una possibile copertura straordinaria utile a chiudere in maniera più tonica l’anno ancora in corso e a preparare per il 2010, uno zoccolo di ripartenza dell’economia più robusto».
La proposta dei commercianti è stata subito respinta dal governo. «Sono noti i costi che rendono impossibile detassare le tredicesime», ha spiegato il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. Oltre alle coperture, il governo ritiene prioritarie altre misure. Tra queste, i commercianti vedono di buon occhio il taglio dell’Irap, che vorrebbero fosse comunque accompagnato da misure per sostenere la domanda.
Perché è vero che la crisi è finita. «Non solo la grande depressione è stata evitata - ha sottolineato Sangalli - ma siamo prossimi al giro di boa». Anche le stime di crescita di Confcommercio sono un po’ migliori rispetto a quelle di qualche mese fa. Nel 2009 il Pil registrerà -4,6% invece del -4,8% registrato in luglio. Nel 2010 salirà dello 0,7% (da +0,6%) e nel 2011 segnerà +0,9% (da +0,8%).
Lo studio presentato dall’organizzazione di piazza Belli fa il punto soprattutto sul commercio e sulla spesa degli italiani. Tra i dati più rilevanti, quello che riguarda le spese obbligate delle famiglie italiane (soprattutto tariffe e casa) che sono cresciute costantemente fino ad arrivare a pesare per il 40 per cento sul totale delle uscite delle famiglie italiane. Nel 1970 erano circa la metà. I consumi sono cresciuti molto di meno, anche per colpa della pressione fiscale che rimane oggi inchiodata al 43 per cento. La crisi si è fatta sentire sul commercio. «Oltre 50mila esercizi al dettaglio hanno già chiuso nei primi nove mesi del 2009 e a fine anno si prevede un saldo negativo tra aperture e chiusure di circa 20mila unità». A fine 2009 il settore potrebbe perdere 108mila posti di lavoro.
Ma non è tutta colpa della crisi. Il commercio sta cambiando pelle da tempo.

Anche nel commercio al dettaglio stanno crescendo le società di capitali. E il saldo tra esercizi aperti e chiusi, molto negativo al sud, sta andando un po’ meglio al nord. Merito di modelli organizzativi più strutturati. Ma anche di un accesso più facile al credito.

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