Sanitopoli, la svolta su Ottaviano Del Turco: le foto delle tangenti sono state manipolate

Una perizia della difesa dell'ex governatore d'Abruzzo sbugiarda la "prova regina" dell'accusa. E nei guai finisce il superteste Angelini. La procura di Chieti chiede il processo per la gola profonda dei pm. l'ex esponente Pd e gli altri indagati passarono un mese in carcere

Sanitopoli, la svolta su Ottaviano Del Turco: 
le foto delle tangenti sono state manipolate

Pescara - Foto false, taroccate. Testimo­ni a rischio, perizie bancarie choc: trema il Grande Accusatore del ca­s­o Del Turco e con lui trema la pro­cura di Pescara che gli ha dato cre­dito illimitato. La «vera» storia del­le presunte tangenti al governato­re abruzzese e ai suoi presunti so­dali rischia di essere riscritta in sen­so inverso, così che qualcuno an­che politicamente ragionerà sul si­lenzio- assenso alla carcerazione preventiva utilizzata per estorcere confessioni e indebolire psicologi­c­amente gli indagati sbattuti in cel­la in pompa magna, a fine luglio 2008, per mazzette da milioni di eu­ro di cui non s’è trovata traccia in anni di indagini patrimoniali e co­stose rogatorie internazionali. Co­me si ricorderà a tirare in mezzo i componenti della giunta di centro­sinistra fu il re delle cliniche priva­te, Vincenzo Angelini, a cui la pro­cura retta da Nicola Trifuoggi ( cele­bre per il fuori onda anti-Cav con Gianfraco Fini) credette ciecamen­te e indipendentemente dall’as­senza dei pur minimi riscontri do­cumentali sui soldi a quei politici regionali per altro «responsabili» di una gestione di tagli alla sanità che rischiava di mandare in rovina proprio Angelini e le sue aziende. Con le ultime, clamorose novità in arrivo, vacilla la già discussa at­tendibilità dell’imprenditore- pen­tito per il quale i carabinieri del Nas chiesero (invano) le manette, la Finanza e la Banca d’Italia de­nunciarono( invano) flussisospet­ti per milioni di euro e solo la procu­ra di Chieti ad aprile ha proceduto all’arresto per bancarotta fraudo­lenta arrivando a chiedere, giorni fa, il rinvio a giudizio. E se un altro colpo durissimo alla credibilità di Angelini s’è materializzato con l’as­soluzione piena, «perché il fatto non sussiste», dell’ex presidente della regione Abruzzo, Giovanni Pace (Pdl), finito sotto processo an­che lui per presunte tangenti e an­che lui grazie alle rivelazioni di An­gelini, la vera svolta processuale del caso Del Turco arrivadall’esito delle indagini difensive. Le prime indiscrezioni raccontano di più prove «schiaccianti» che smonte­rebbero la ricostruzione «fotografi­ca » dei pm e le versioni (già in parte contradditorie) di Angelini e del­l’autista che lo avrebbe accompa­gnato a casa di Del Turco a Colle­longo per consegnare le tangenti. E proprio la famosa fotografia del­la busta coi soldi consegnata a Del Turco e poi «ritirata» con un chilo di mele al suo interno, sarebbe fal­sa. Per la difesa è stata scattata non un giorno, una settimana o un me­se prima del fattaccio (il 2 novem­bre 2007) bensì oltre un anno e mezzo prima, in tutt’altre circo­stanze, e che solo in un secondo momento sarebbe stata «riversa­ta » nellamacchinafotograficacon­segnata dall’autista alla procura. Sarà un caso, ma proprio all’indo­mani della richiesta dell’avvocato Giuliano Milia di fare copia del cd­rom con le immagini contenute nella fotocamera, i pm sembrava­no essere entrati in fibrillazione. A processo iniziato, senza spiegazio­ne apparente, hanno infatti senti­to la necessità di interrogare nuo­vamente l’autista preso a verbale tre anni prima (il 7 maggio 2008) e che tre anni dopo s’è improvvisa­mente ricordato di ulteriori conse­gne di «buste» a Del Turco fatte da lui personalmente, e non in compa­gnia del suo datore di lavoro, che di queste ulteriori «buste», però, non ha mai parlato nei suoi tanti inter­rogatori (incidente probatorio compreso). In aula, a domanda del presidente, l’autista ha conferma­to quanto riferito prima e dopo, ar­rivando persino a dare un nome al­le persone ritratte nelle foto nono­stante il presidente del collegio, sulla scia degli interrogativi solle­vati dall’avvocato Giandomenico Caiazza, abbia definito i volti ritrat­ti assolutamente «irriconoscibili». E se l’analisi«storica»di ulteriori fo­tografie in atti rischia di mettere in difficoltà chi ha avallato la ricostru­zione di Vincenzo Angelini, dalla procura di Chieti è rimbalzata in di­battimento una dettagliata perizia che ricostruisce le incredibili e an­o­male movimentazioni di denaro di Angelini e della moglie (anche at­traverso la finanziaria di famiglia Novafin) di gran lunga superiori al­le presunte dazioni girate ai politi­ci abruzzesi, nonché una propen­sione incredibile della «gola pro­fonda » della procura di Pescara a saccheggiare risorse dalla sue so­cietà e a movimentare liquidi sui conti personali e dei familiari tan­to da calcolare in dieci milioni di euro cash il«tesoro»di quadri,ope­re d’arte, tappeti e sculture scoper­to dalla guardia di finanza nel gara­ge del re delle cliniche private abruzzesi. Ma c’è di più. Nell’ult­i­ma udienza il contabile del gruppo Angelini ha ammesso che la procu­ra di Pescara, attraverso la Gdf, gli aveva chiesto un rendiconto sui «prelievi» effettuati nel solo perio­do a ridosso della presunta elargi­zione delle mazzette.

In udienza ha però confessato che prelievi co­sì consistenti, con le medesime procedure («avvenivano sempre con la dicitura caparra confirmato­ria ») avvenivano sistematicamen­te, ciclicamente, addirittura setti­manalmente. Era la prassi. E se non vi furono prelievi ad hoc, co­me si fa a pensare a bustarelle una tantum?

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