Sanremo, la Lega vuole canzoni in dialetto

Una serata dedicata alle lingue municipali. Questa l’idea avanzata dal leghista presidente del Consiglio comunale di Sanremo, Marco Lupi, per la prossima edizione del Festival della canzone italiana. Da Nord a Sud, coro di sì tra i cantanti regionali

Sanremo, la Lega vuole canzoni in dialetto

di Alessandro Giorgiutti

Sanremo-
Festival della canzone italiana. E dunque, perché no? Anche napoletana, piemontese, sarda, lombarda... L’idea è stata avanzata dal presidente del Consiglio comunale di Sanremo, Marco Lupi. Lupi è leghista e pertanto la proposta è stata rilanciata ieri, a tutta pagina, dalla Padania: «A Sanremo anche le lingue locali». Con immancabile slogan: «Perché Sanremu u l’è Sanremu».
«Ma non si tratta di una proposta della Lega Nord. È un’iniziativa della presidenza del Consiglio comunale, e vorrei che si trattasse di un’iniziativa il più possibile condivisa», ha precisato Lupi, per allontanare in via preventiva ogni polemica, dopo il putiferio dei giorni scorsi sui dialetti nelle scuole.

Ma in che cosa consiste la proposta, che verrà presentata in Consiglio per l’approvazione? L’idea è quella di cambiare il contratto tra la Rai e il Comune di Sanremo, inserendo, nella settimana festivaliera, una serata dedicata alle «lingue municipali». Insomma, ai dialetti. «Ogni regione - spiega Lupi - avrebbe l’opportunità, attraverso selezioni affidate alle case discografiche, di portare gruppi o cantanti, che eseguirebbero brani nuovi e nella rispettiva lingua regionale».

Sul palcoscenico dell’Ariston, il dialetto ha già fatto capolino, in realtà. Oltre a molti cantanti napoletani, rimangono indimenticabili l’esibizione dei sardi Tazenda, nel 1991, insieme con Pierangelo Bertoli, e la performance dei Pitura Freska, con il loro improbabilissimo papa nero «che ’scolta ’e ’me canson in venessian».Ma a conti fatti, il dialetto è stato spesso sacrificato dalla kermesse sanremese. «Il problema è che le radio ufficiali e le case discografiche non amano la musica dialettale, perché temono che venda poco», spiega Enzo Avitabile, artista napoletano che lavora al recupero e al rinnovamento del patrimonio lessicale e musicale della sua terra. «Ma se esiste un premio Tenco per la musica d’autore, perché non istituire un riconoscimento anche per la musica dialettale?» si chiede Avitabile che aggiunge: «Sarebbe bellissimo e non esiterei a partecipare in prima persona».

Che la paternità della proposta sia leghista importa poco anche a un altro napoletano doc come Tullio De Piscopo, che al Festival di Sanremo in verità ha già partecipato ma ci tornerebbe volentieri a cantar napoletano: «La lingua napoletana è la regina dei dialetti», dice: «Perfino in Giappone hanno un museo dedicato alla musica napoletana, perché Sanremo non dovrebbe valorizzarla?».
Favorevolissimo è naturalmente il ligure Massimo Morini, leader dei Buio Pesto: «Ho già chiamato Lupi per ringraziarlo. La sua idea è intelligente. Noi in Liguria abbiamo venduto 70mila copie, ma in Lombardia Davide Van de Sfroos ha superato le 300mila. In tutta Italia si può ipotizzare un mercato da 2 milioni di copie, diciamo il 5% del totale, una fetta di tutto rispetto. E poi: ce la immaginiamo una serata dedicata ai dialetti? Tutta Italia si metterebbe davanti al televisore per sostenere la sua regione». Per la gioia dell’Auditel.

Ma il vero dominus di Sanremo, Pippo Baudo, che ne pensa? «Secondo me guarda con favore all’idea», azzarda Morini.

Se avete dubbi provate ad andare su YouTube e digitate le parole «Baudo» e «ricette». V’imbatterete in un Baudo d’annata che presenta, per una marca di surgelati, una rassegna di ricette regionali abbinate a canzoni dialettali. Da Pippo nazionale a Pippo federale.

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