Dobbiamo abituarci allidea che la storia si sta svolgendo su un doppio palcoscenico. Su uno, in questo caso quello di Damasco, si sono svolti episodi incoraggianti, scene di speranza, forse esorcismi rispetto a ciò che sta accadendo sullaltro palcoscenico. Il secondo teatro produce senza sosta scene di guerra, con i medesimi protagonisti. Cosa abbiamo visto a Damasco? Quattro Paesi leader che si incontrano per promuovere Bashar Assad e riabilitarlo: la Francia, che oggi guida la Comunità europea, la Siria stessa, che presiede il Summit arabo, il Qatar, attuale presidente del Consiglio di cooperazione del golfo, e la Turchia, il cui governo tenta di giocare oggi un complesso ruolo di mallevadore fra Islam e occidente.
Sarkozy in termini immediati si aspetta la prosecuzione dei colloqui, cui Assad e lo stesso Sarkozy hanno fatto continuo riferimento, fra Siria e Israele, e la quiete in Libano. Peccato che questi colloqui siano stati sospesi con varie scuse al loro quinto round proprio nelle ore in cui Sarkozy era a Damasco, e che comunque si siano svolti mettendo Israele nel ruolo consueto per la Siria, dellintoccabile: i siriani, decisissimi a ottenere in anticipo sui colloqui diretti una garanzia che la restituzione del Golan è loggetto principe, non hanno mai voluto rischiare di sfiorare i loro interlocutori, lasciando nel mistero il contraccambio eventuale. La Siria seguita ad apparire un interlocutore molto abile nellottenere senza concedere contraccambi: alla base paradossalmente ciò che le consegna la chiave di questo ruolo privilegiato è la sua disinvoltura nel cavalcare lamicizia iraniana e la paura che essa suscita, il rapporto largo e antico con i terroristi, e la possibilità quindi di ridurne la fornitura di armi e le possibilità organizzative.
Niente di tutto questo è stato abbandonato, ma Sarkozy sta cercando di strappare Assad allIran e ai suoi compagni di strada, il maggiore pericolo attuale, promettendogli la riabilitazione internazionale in cambio. Assad gioca con abilità sul terreno del perbenismo internazionale, vellicando il giusto brivido che dà allEuropa la parola pace, senza di fatto concedere niente e invece tenendosi a disposizione tutto il tavolo, laltro palcoscenico. Forse lunico vero cambiamento è la rinuncia, almeno al momento, a preparare unarma nucleare: solo qualche mese fa le sue strutture in costruzione sono state distrutte da un misterioso blitz, probabilmente israeliano. La Siria non ha intenzione di lasciare il suo rapporto di interdipendenza con lIran, che le dà una forza mai avuta prima; né di frenare adesso, dopo due anni di confini aperti, il riarmo intensivo degli hezbollah e comunque servirebbe a poco; e la sistemazione attuale del Libano, stabilita dallaccordo di Doha dopo molte vicissitudini fra cui luscita di Assad dopo la rivoluzione democratica seguita allassassinio di Hariri, comunque ne garantisce la profonda influenza legata alla preminenza degli hezbollah stessi cui ormai è riconosciuto come legale lesercito privato e il diritto di veto.
Difficile immaginare che Damasco abbandonerà la leva dellospitalità a Damasco di gruppi terroristi come Hamas (sembra che la pretesa di Mashaal, capo di Hamas, di una sua fuoruscita verso il Sudan non risponda verità, ma è difficile dirlo). Forse, per avviare un rapporto anche gli Usa, accetterà per ora la fine del passaggio di terroristi e istruttori per lIrak. Ma Sarkozy non ignora che la novità più recente è stata la visita di Assad alla Russia post Georgia, con la richiesta di importanti sistemi darmi e la disponibilità a rappresentare per la Russia una nuova grande base navale a Tartous, buona per influenzare tutto il Medio Oriente.
Questo è lo scenario di guerra. Ma cè laltro: Assad ha anche mandato avanti, con appropriate dichiarazioni di fiducia nella pace, i contatti con Israele tramite intermediari. Oggi sostiene che comunque non si potrebbe arrivare a un accordo data la fragilità di Olmert e fino al rinnovo della presidenza americana. Quanto al Libano, la richiesta di Sarkozy probabilmente otterrà risposte diplomatiche immediate, ma aprendo unambasciata Damasco non garantisce la sua presa di distanza dal dominio su Beirut, non avendo operato nessun distacco dagli hezbollah e quindi dallIran, il vero pericolo sia per il Libano che per tutto il Medio Oriente.
Bashar Assad danza a molti matrimoni in questo momento.
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