Va in scena al Teatro di Verdura una delle più sconvolgenti versioni di Carmen che abbia mai conosciuto le luci della ribalta. Perché Susanna Beltrami, coreografa di fama internazionale, ideatrice e direttrice da vari anni dell'Associazione Danza del Pier Lombardo, ispirandosi direttamente alla fonte, e cioè al celebre conte dramatique di Prosper Merimée, ha completamente ricreato ex novo il mito della celebre sigaraia. Rifiutando il cliché collaudato dal capolavoro musicale di Bizet, cui non si è sottratto in tempi recenti nemmeno un regista del calibro di Peter Brook nella sua triplice versione, teatrale e cinematografica, del personaggio-cardine della strega gitana, la Beltrami per Il suo nome è Carmen fatta tabula rasa di qualsiasi folklore d'accatto, ha studiato con pazienza da entomologa le credenze, la magia, il demonismo del Profondo Sud iberico. La sua Carmen è infatti, nello spettacolo che da qualche tempo suscita vasti consensi in parecchie città italiane, nient'altro che un sogno. È l'ombra di Don José, ormai passato a miglior vita dopo l'esecuzione, a suscitare da un al di là denso di fumi d'Averno, nell'immaginaria terra dei dannati, il fantasma della donna amata. Che, nella magistrale evocazione di un'artista come Luciana Savignano, si muta in una bruja. Vocabolo difficilmente traducibile nella nostra lingua dato che sta ad indicare insieme una strega e una fattucchiera in contatto con le misteriose forze telluriche che governano il mondo. Proseguendo il cammino che le ha viste negli ultimi anni esplorare da indomite ricercatrici l'universo letterario e la complessa genealogia dei simboli, Luciana e Susanna dopo la loro ricreazione della «Lupa» di Verga seguita a ruota dal lirismo trasognato dell'omaggio al Truffaut di «Jules e Jim», affrontano ora un archetipo come Carmen rifiutando in toto sia la musica di Bizet che la meravigliosa «Carmen story» celebre nell'interpretazione di Edith Piaf. La loro Carmen, come spiega con passione Susanna, «è la concrezione del sogno primigenio dell'umanità» ovvero il primo stadio dell'identità femminile.
«Non è un sex symbol negativo né un'antesignana delle odierne dark ladies - dice Susanna - ma semmai ricorda una divinità tribale, una sorta di magma incandescente quanto inclassificabile della Dea Madre di tutta l'umanità di fronte alla quale, com'è inevitabile, il maschio non può che soccombere dopo aver attentato alla vita di chi ha dato fiato e luce alla sua esistenza».Il suo nome è Carmen
teatro di Verdura via Senato 14
domani ore 21
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.