Economia

Scajola anticipa il piano energia Montezemolo contro Marrazzo

Il ministro vara un pacchetto di misure per fronteggiare eventuali emergenze. Confindustria bacchetta il «partito del no»

Scajola anticipa il piano energia Montezemolo contro Marrazzo

Gian Maria De Francesco

da Roma

Il blocco della riconversione a carbone della centrale Enel a olio combustibile di Civitavecchia, decretata dal governatore del Lazio Piero Marrazzo, ha incontrato anche la disapprovazione del presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo. L’utility guidata dall’amministratore delegato, Fulvio Conti, tuttavia, non ha ancora ricevuto nessuna notifica del provvedimento preso dalla giunta di centrosinistra della Regione Lazio e ha assicurato che i lavori stanno proseguendo allo scopo di salvaguardare un investimento da 1,5 miliardi di euro e i 1.300 posti di lavoro collegati alla realizzazione del progetto.
Intanto, sempre ieri, il ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola, ha varato un piano di sicurezza contenente misure straordinarie per far fronte a eventuali crisi del sistema causate da interruzione totale delle forniture di gas da un Paese estero, incidenti agli impianti o picchi eccezionali di freddo nel mese di marzo. Il pacchetto di provvedimenti prevede che, in caso di stress eccessivo per il sistema energetico italiano, si possano bloccare temporaneamente le esportazioni di energia elettrica, massimizzarne le importazioni ed effettuare un distacco provvisorio dalla rete dei grandi utilizzatori di gas (salvaguardando ovviamente i settori più sensibili). «Nell’attuale situazione di emergenza - ha dichiarato Scajola - ho ritenuto opportuno anticipare il piano che funzionerà come una seconda rete di sicurezza solo a fronte di eventi eccezionali».
La crisi energetica, aggravata dal calo delle importazioni di gas dalla Russia, ha reso ancor più necessaria la diversificazione della produzione di energia elettrica in Italia. Considerato il no all’opzione nucleare, una delle poche possibilità è fornita proprio dalla riconversione di alcune centrali al carbone pulito. È il caso di Torre Valdaliga, vicino Civitavecchia, ma una delibera della giunta Marrazzo intende fermare l’operazione (ampiamente autorizzata anche a livello di impatto ambientale sin dal 2003) appigliandosi a un escamotage riguardante i moli per l’attracco delle navi carboniere. In questo modo è stato soddisfatto il cosiddetto «partito del no» che raccoglie ambientalisti e no-global creando non pochi imbarazzi in un centrosinistra che vuole riproporsi come forza di governo. Se il diessino Pier Luigi Bersani si è riparato dietro un prudente «c’è una certa sfasatura nei tempi della decisione di Marrazzo», il segretario della Uil Luigi Angeletti ha dichiarato che «si tratta di una scelta sbagliata dettata più dagli stati d’animo che da considerazioni scientifiche». Il direttore dell’istituo inquinamento atmosferico del Cnr, Ivo Angelini, ha infatti sottolineato che «la centrale è rispettosa dell’ambiente».
Di qui la presa di posizione del presidente di Confindustria che ieri pomeriggio ha sentito telefonicamente i vertici di Enel. «Non va bene quello che sta succedendo. Mi riferisco al “partito del no” trasversale a questo Paese che invece deve guardare avanti e fare delle scelte», ha detto Montezemolo. Sulle stesse posizioni il presidente della commissione Attività produttive della Camera, Bruno Tabacci. «L’importante è avere manifestato solidarietà all’Enel con una presa di posizione bipartisan sul carbone pulito», spiega al Giornale precisando come con lo scioglimento delle Camere la palla sia nelle mani del governo.
Ieri il movimento «No coke», contrario alla centrale, ha organizzato una manifestazione a Tarquinia, cittadina dell’Alto Lazio vicina a Civitavecchia preannunciando un appello al presidente Ciampi se i lavori proseguiranno. Alla kermesse hanno preso parte anche rappresentanti degli enti locali, tutti vicini al centrosinistra. L’Enel, che ancora non ha preso visione dell’ordinanza di Marrazzo, ha già anticipato che presenterà ricorso al Tar. E, ove mai il Tribunale amministrativo le desse torto bloccando definitivamente i lavori, il passo successivo sarebbe rappresentato da una richiesta di risarcimento pari all’investimento sostenuto.

E in quel caso la bolletta per Marrazzo potrebbe raggiungere 1,5 miliardi di euro.

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