Scelse collaboratori fuori dal partito e fu travolto da corruzione e crisi economica

Alla fine della Guerra civile è l'uomo più popolare dell'Unione. Quando corre per la campagna presidenziale del 1868 il generale Ulysses S. Grant è un mito: l'eroe che ha sconfitto la Confederazione. Sono sue alcune delle vittorie più importanti, a partire da quella di Richmond dell'aprile 1865, che spinge i confederati alla resa. Eppure Grant, uno dei più grandi generali della storia americana, viene anche considerato come uno dei presidenti più controversi. Tanto che il suo secondo mandato si conclude fra gli scandali da cui è travolta la sua Amministrazione e la crisi economica che ha colpito il Paese. Grant in persona non è mai chiamato in causa direttamente in episodi di corruzione, ma molti collaboratori a lui vicini sono coinvolti e negli ultimi anni alla Casa Bianca la sua autorità entra in crisi.
È lui a decidere di non candidarsi per un terzo mandato ma gli stessi repubblicani gli avevano di fatto già voltato le spalle. Era stato proprio il partito a chiamarlo per correre alla presidenza dopo Johnson: Grant non aveva mai pensato alla politica, anzi. Ma i repubblicani speravano che il grande generale riuscisse dove Johnson aveva fallito: portare a termine la transizione post guerra e riunire le due Americhe, quella del Nord e quella del Sud, quella abolizionista e quella schiavista, in una sola. È però su uno degli aspetti di questa ricostruzione politica che Grant si giocò l'appoggio di molti e soprattutto dei bianchi del Sud: l'ex generale premeva per ratificare il quindicesimo emendamento e garantire così il diritto alla cittadinanza a tutti, indipendentemente dal colore della pelle. Ma Grant si giocò molte carte anche nella scelta del suo governo e dei suoi consiglieri: non appena insediato, non ascoltò più i repubblicani che lo avevano sostenuto fino alla Casa Bianca e scelse figure indipendenti di sua fiducia. Delegò molto. Non tutti però si rivelarono all'altezza: e il risultato - che il partito non gli perdonò - furono scandali per corruzione e accuse di inefficienza.
In parte fu colpa della sua stessa virtù: lui, avulso dalla politica, in realtà era portato a fidarsi troppo e a non intuire le intenzioni dubbie degli altri.

Oltre ad essersi alienato molte simpatie politiche anche nel suo partito, Grant si ritrovò a fare i conti con i guai dell'economia, prima per i postumi della guerra, poi a causa della crisi che dall'Europa arrivava in America. Riuscì a rivincere nel 1872, e poi si ritirò. Da allora ebbe problemi di soldi, nel 1885 morì per un cancro alla gola.

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