«Scioperi, bene la legge I cittadini vanno tutelati: non devono rimetterci»

da Roma

La Uil non è contraria ad una regolamentazione per legge degli scioperi nei servizi di pubblica utilità. Il segretario generale Luigi Angeletti non pensa, come molti suoi colleghi sindacalisti, che la proposta avanzata dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi sia un attentato alla Costituzione. Anzi, del disegno di legge descritto a grandi linee ieri dall’esponente del Pdl condivide la principale novità, il referendum da tenere prima dell’astensione dal lavoro. Nulla in contrario anche a una più rigorosa applicazione delle sanzioni per chi non rispetta le regole. A patto che non colpiscano il singolo lavoratore. Poi però lancia una idea alternativa per non colpire gli utenti dei servizi pubblici: lo sciopero virtuale.
La Cgil pensa che il disegno di legge metta in discussione un diritto costituzionale. Anche lei è preoccupato?
«No, ma credo si debbano distinguere due cose. C’è il diritto della singola persona a partecipare agli scioperi. E quello è bene lasciarlo intatto. Un’altra cosa è il potere dei sindacati di indire scioperi, e questo va regolamentato. Tra l’altro nei servizi pubblici c’è già una regolamentazione».
Che non sembra avere dato buoni frutti...
«Dipende, nella sanità durante gli scioperi è garantito un livello di presenze che è superiore a quello di un normale fine settimana...».
Quindi come vorrebbe che fossero regolamentate le proteste nei servizi pubblici?
«Ci sono due strade possibili. Una è quella che ha descritto Sacconi, e cioè sottoporre al voto lo sciopero prima che si tenga. Però va fatto in modo intelligente, nel senso che la maggioranza che conta deve essere quella che partecipa al voto, non ci deve essere il quorum».
Però così diventa impossibile sapere se la maggioranza dei lavoratori vuole veramente incrociare le braccia...
«A me pare una strada assolutamente normale. Non vedo controindicazioni. È normale che i sindacati nel momento in cui decidono di programmare uno sciopero sottopongano la decisione al giudizio dei diretti interessati».
Aveva parlato di una seconda strada...
«È una proposta che noi avevamo fatto tempo fa, ma che mi pare possa tornare attuale. È lo sciopero virtuale».
Nel senso che non si fa?
«Generalmente gli scioperi nei servizi pubblici hanno effetti negativi solo per gli utenti, che in realtà non c’entrano niente visto che il conflitto è tra lavoratori e impresa. Il paradosso è che, ad esempio nel caso dei trasporti locali, l’azienda non ci rimette niente visto che la maggior parte delle entrate delle società di tram e bus non sono rappresentate dai biglietti, ma dai trasferimenti pubblici».
Quindi cosa proponete?
«I lavoratori proclamano lo sciopero, vanno a lavorare regolarmente, così non danneggiano i cittadini e non percepiscono lo stipendio. L’azienda però deve rimetterci di più e quindi dovrebbe pagare dieci volte la giornata lavorativa».
Non sarà un po’ troppo, soprattutto per le nostre aziende di trasporti, una giornata di lavoro dieci volte il suo costo?
«Siamo disposti a trattare. Comunque il concetto è che ci devono rimettere entrambi, azienda e lavoratore. I cittadini devono rimanerne fuori».
Nel disegno di legge del governo ci potrebbe anche essere un inasprimento delle penalità per gli scioperi che non rispetteranno le regole pro utenti. Se ne occuperanno i prefetti...
«Le sanzioni monetarie già ci sono e sono giuste. L’importante è che siano limitate alle organizzazioni sindacali che non rispettano le regole e non colpiscano i singoli dipendenti».
Lei non è contrario a una legge. Però la prassi oggi è che in alcune aziende le regole le decidono autonomamente azienda e sindacati.

Non teme che una norma possa ridurre il potere dei sindacati?
«Un patto del genere c’è nelle Fs e da quando è in vigore fare uno sciopero nelle ferrovie è diventata un’impresa. Anche qui siamo di fronte a un paradosso, le regole decise autonomamente dalle parti hanno finito per essere più a favore del datore che dei sindacati».

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