Vincerà Nanni Moretti, non ci sono dubbi, con buona pace di Goffredo Fofi, che ogni giorno spara a zero sullo «splendido cinquantenne». Sapete, i David di Donatello hanno un passione per lui. Se gareggia un suo film, la statuetta arriva quasi per contratto. Poi è vero: il manager «in panchina» Pietro Paladini gli deve molto, senza Nanni Caos calmo difficilmente avrebbe fatto centro al botteghino. Perché Moretti è Moretti. Con l'età è anche migliorato sul piano del carattere: non si erge più a leader politico, fa la parodia di se stesso da Fiorello, dirige un festival con allegria. Nel film di Grimaldi è sempre in scena, anche a braghe calate, pronto a consolare chi è venuto a consolare lui, morettianamente pungente, però invaso da una quiete che destabilizza e guarisce.
Il David per il miglior attore protagonista è già suo (si accettano scommesse). Nondimeno sarebbe bello che i 1500 giurati, nello scrutinio finale, spiazzassero i bookmaker con un risultato a sorpresa. A scorrere la cinquina non mancano, del resto, i concorrenti di vaglia: da Kim Rossi Stuart a Lando Buzzanca, da Antonio Albanese a Toni Servillo. Quattro attori di età ed estrazione diverse, di gusti dissimili, ma tutti in un momento di grazia. Nel ruolo di Luca Flores, il jazzista suicida di Piano, solo, Rossi Stuart offre un'interpretazione scorticata, sottopelle, febbricitante, di quelle che toccano (il film tocca un po' meno, ma è un altro discorso). Si deve all'intuizione di Roberto Faenza, invece, la rinascita cinematografica di Buzzanca. Il suo principe Giacomo Uzeda di Francalanza giganteggia nei Viceré, l'affresco storico tratto dal romanzo di De Roberto: patriarca tiranno e trasformista, anche superstizioso, avviato a una mesta fine mentre il figlio fa carriera in politica.
E che dire del Michele incarnato da Albanese in Giorni e nuvole? Se in tv il comico furoreggia sotto il parrucchino dell'impagabile politico calabrese Cetto La Qualunque, quello di «Più pilu per tutti», sul grande schermo cesella con toni minimalistici la crisi esistenziale e professionale dell'imprenditore che fa i conti con una rapida discesa sociale verso l'ignoto. Storia non nuova, al cinema, che Albanese restituisce tuttavia con accenti inediti, dimostrandosi attore duttile e sensibile, come bene intuì Pupi Avati ai tempi di La seconda notte di nozze.
Su Toni Servillo, infine, non ci piove. Antonio D'Orrico su Magazine l'ha definito «il più grande attore italiano», esagerando come al solito, ma certo questo casertano classe 1959, facile al camuffamento, a suo agio sia con Eduardo sia con Goldoni, è un interprete formidabile. In La ragazza del lago è l'incazzoso, dolente commissario Sanzio, meridionale proiettato in un Nordest terso e misterioso.
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