Il nuovo libro di Arrigo Petacco ha per titolo Lultima crociata (Mondadori, pagg. 209, euro 18,50), ma in realtà non è dedicato a un singolo episodio del plurisecolare conflitto tra la cristianità e lIslam: è invece una carrellata che va «dal 732, quando i paladini di Carlo Martello arginarono a Poitiers la prima invasione araba a quando, circa mille anni dopo, nel 1697, Eugenio di Savoia sconfisse a Zenta lesercito del sultano Mustafà II». Il tema è di remota solennità e di bruciante attualità. Con accortezza di cronista, Petacco prende le mosse, nel «prologo», da Ratisbona. Città importante, in queste vicende, perché segnò il limite estremo dellespansionismo islamico nel vecchio continente, ma anche perché Benedetto XVI vi tenne una lectio magistralis in cui furono ricordate queste parole di Manuele II Paleologo, imperatore di Bisanzio, vissuto dal 1350 al 1425: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». La polemica che seguì la dotta e aspra citazione del Papa ha rinfocolato la disputa tra chi - come Oriana Fallaci - ha fustigato lignavia duna Europa incapace di preservare la sua identità, e chi invece crede nella possibilità e nellutilità dun dialogo con lIslam moderato.
Mi sembra che Petacco non prenda posizione e che gli basti dillustrare i momenti cruciali e gli episodi salienti duna sfida perenne. Una sfida combattuta, da una parte e dallaltra, nel nome della fede, anche se moventi terrestri, modesti, magari meschini, assai più che slanci mistici, contrassegnarono sovente i comportamenti delluno e dellaltro schieramento. La jihad è una «guerra santa», e sante erano le alleanze che gli Stati cristianissimi stringevano per respingere gli infedeli. Peccano di faziosità gli storici che, insistendo sulla rozzezza espansionistica dei crociati, vedono in loro gli anticipatori del colonialismo europeo. Peccano di ingenuità gli storici per i quali i crociati furono puri e duri. Osserva ad esempio Petacco che i cavalieri e i fanti mossisi, per sollecitazione del pontefice Urbano II, nella prima crociata «non andavano troppo per il sottile. Dovunque passarono lasciarono il segno saccheggiando villaggi e uccidendo non solo gli infedeli ,ma anche cristiani ortodossi, cristiani copti ed ebrei. Anzi, gli ebrei furono i primi a soffrirne perché fondamentalmente, anche se oscuramente, il movimento crociato era rivolto forse più contro di loro che contro i seguaci di Maometto.
È noto infatti che la prima crociata ebbe proprio inizio con il massacro delle comunità ebraiche incontrate durante il passagium verso la Terrasanta». Il volume di Petacco dedica molto spazio alle tappe epocali della lotta antiislamica - la battaglia navale di Lepanto nel 1571, la vittoria di Vienna, merito principalmente del re di Polonia Giovanni Sobiesky, nel 1683 - ma si sofferma giustamente sulle divisioni e sulle faide imperversanti nelle coalizioni cristiane: con la Francia, ad esempio, che in talune circostanze fu a fianco dei turchi, e non del resto dEuropa.
Lo scontro di civiltà, come oggi piace dire e scrivere, fu punteggiato da atrocità e crudeltà inaudite (che ne facevano piuttosto uno scontro di inciviltà) e anche da stravaganze. Ne cito una che mè parsa interessante anche perché lignoravo. Vi fu, in quel delirio, una Expeditio infantum, una crociata dei bambini. «Tutto cominciò nellestate del 1212, in Francia e in Germania, per liniziativa di due fanciulli che non si conoscevano, che non si incontreranno mai, ma che si comportarono come fossero teleguidati.
Il francese si chiamava Stefano e aveva dodici anni, il tedesco si chiamava Nicola e di anni ne aveva tredici». In breve. I due ragazzetti richiamarono frotte di coetanei che fuggivano da casa, i crociatini francesi salparono da Marsiglia - dove non ne potevano più della loro famelica presenza - su navi messe a disposizione da un armatore senza scrupoli. Due di esse affondarono, causando la morte di molti, al largo della Sardegna, le altre sbarcarono i poveretti in Egitto dove furono messi sul mercato degli schiavi.
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